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Il bullo oggi lo immaginiamo per lo più aggirarsi a scuola o nei dintorni: sovente è il ragazzo più grosso, quello che dà spintoni in corridoio, che commette prepotenze e vessazioni, ride sguaiato mentre un compagno più fragile abbassa gli occhi, diventandone sovente vittima.
Ci sono anche le bulle, votate più all’invidia come motivazione profonda, portando a comportamenti di esclusione, umiliazione e isolamento sociale, piuttosto che a violenza fisica. Ma è del bullismo al maschile che qui vogliamo fare un quadretto. Il bullismo non ha età, né aula scolastica come recinto naturale.
Il bullo cresce, si fa adulto, indossa abiti eleganti, prende la parola davanti alla gente che lo applaude. Cambia la cornice, non la sostanza. Il bullo è, in fondo, un fragile. Non potendo conquistare stima, cerca obbedienza. Non sapendo farsi rispettare, pretende timore. Non avendo argomenti, alza la voce. La sua forza si nutre della debolezza altrui: più gli altri tacciono, più lui grida; più qualcuno ride alle sue battute pesanti, più si convince di avere il dono dell’umorismo.
Ma il vero spettacolo è il contorno. Il bullo senza pubblico è nulla. Ha bisogno di una claque servizievole, di sudditi che scambiano la reverenza per astuzia. È lì che spuntano i cortigiani di professione: quelli che applaudono anche alle cadute di stile, che annuiscono a comando, che si inchinano non per convinzione, ma per calcolo. Perché stare dalla parte del bullo, almeno per un po’, paga.
Il copione è antico. Il bullo insulta, deride, distorce, e c’è sempre chi finge che sia “solo una battuta”. Il bullismo si traveste da sincerità, da coraggio, da rottura delle regole. In realtà è solo prepotenza che si fa spettacolo.
Ma fino a quando? A scuola, prima o poi, arriva l’insegnante e il gioco finisce. Altrove la campanella non suona mai. Tocca ai compagni di classe adulti decidere che fare, perché il bullo vive finché trova non solo vittime, ma anche pubblico. Senza risate, senza applausi, senza reverenze, resta ciò che è sempre stato: uno che ha paura di restare solo.