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Non possiamo girare la testa dall’altra parte davanti a quella carestia – sicuramente oggi tra le più drammatiche – che affligge la popolazione civile di Gaza: una crisi umanitaria fatta di fame, assenza di cure, mancanza d’acqua e di speranza. Migliaia di vite sospese dove il pane manca quanto la pace. È una ferita aperta sulla coscienza del mondo, che chiede non solo aiuti, ma giustizia. Ne scrive ampiamente, con un’analisi profonda, don Severino Piovanelli a pagina 14 di questo giornale.
C’è poi una carestia di cui si parla poco, ma che forse è all’origine di altre carestie e miete vittime, spesso silenziosamente. È la carestia d’amore. Un’assenza tanto diffusa da sembrare ormai una condizione normale, quasi fisiologica. Ma è proprio questa mancanza, questo vuoto affettivo, che ci impedisce di vedere ciò che abbiamo davanti agli occhi, l’evidenza della sofferenza altrui, e sentire la voce della coscienza.
Ci scandalizziamo per guerre lontane, per i ghiacciai che si sciolgono, per le ingiustizie croniche… Cosa ci impedisce di agire? Ci illudiamo che basti una buona informazione: ma senza amore, l’informazione è sterile, non genera azione, non muove coscienze. La carestia d’amore è subdola perché non fa rumore. Ma si insinua ovunque: nelle famiglie, nel lavoro, nei rapporti tra generazioni. È il silenzio, quando sarebbe necessario parlare.
È il giudizio che si sostituisce alla comprensione. È l’egoismo travestito da autonomia. E allora, forse, la vera urgenza del nostro tempo non è solo energetica o climatica. È emotiva. Serve coltivare l’amore come bene comune, come risorsa vitale, come antidoto alla cecità morale. Perché senza amore, anche ciò che è chiaro diventa invisibile.
Nella pausa estiva, quando il ritmo rallenta e il rumore si attenua, lontani dalle urgenze fittizie e dagli automatismi quotidiani, possiamo tornare a guardarci dentro – e attorno – con occhi nuovi. Il tempo sospeso delle vacanze può diventare occasione per riconnetterci con ciò che conta davvero: relazioni sincere, gesti gratuiti, ascolto autentico. È lì che si coltiva il bene comune. È da lì che si comincia a guarire la carestia d’amore.