L’Europarlamento non poteva finire peggio la legislatura 2019-24: con una risoluzione l’11 aprile scorso ha chiesto agli Stati di inserire il diritto di aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, come ha fatto la Francia. “Ma non si può dichiarare l’aborto un diritto umano perché non può mai esserlo la soppressione di una vita” ha commentato mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina e presidente della Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità europea (Comece). Con 336 sì, 163 no e 39 astensioni gli eurodeputati hanno chiesto di favorire l’omicidio nell’utero materno.

Il linguaggio è ingannevole: la risoluzione nasce con l’intento di garantire un’assistenza di alta qualità alle donne, ma chiede che l’articolo 3 della “Carta” affermi che “ognuno ha il diritto all’autonomia decisionale sul proprio corpo, all’accesso libero all’aborto sicuro e legale” ed esorta i Paesi a rimuovere e combattere gli ostacoli all’aborto.

Nonostante l’approvazione da parte dell’Eurocamera, una modifica alla Carta Ue prevede il voto favorevole dei 27 Stati. I commenti si moltiplicano tra la delusione per la posizione favorevole alla risoluzione di alcuni partiti che si richiamano alla tradizione democratica cristiana come il Partito popolare europeo, e la considerazione che quel voto non aiuta le donne, che invece vanno sostenute, accompagnate e rispettate. Ancora: un voto che va contro il diritto comunitario, produce divisione nell’Unione, nega identità, storia, compito e futuro dell’Unione, limita la libertà di coscienza ed è un modo di agire che assomiglia a un regime autoritario, per dirla col vescovo Crociata.

Il nuovo Parlamento europeo che uscirà dalle elezioni dell’8 e 9 giugno dovrà avere a cuore questo tema, perché l’aborto non può essere considerato un diritto; il diritto fondamentale infatti è alla vita, la morte è la sua negazione.

Altro buco nero, il “Patto europeo sui migranti richiedenti asilo e rifugiati”, che modifica il “trattato di Dublino” ma non favorisce la protezione di persone in fuga da disastri, guerre, tratta, sfruttamento e miseria.

“L’Europa si chiude, trascura i drammi dei migranti, sostituisce l’accoglienza con un pagamento in denaro” ha commentato mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara e presidente della Commissione episcopale per le migrazioni e della Fondazione Migrantes della Cei.