Quante cose oggi ci preoccupano? Di quali argomenti discutiamo in famiglia, al lavoro, con gli amici? Ci sentiamo accerchiati da tanti problemi, brutte notizie, situazioni disperate, prospettive grigie che fanno della nostra quotidianità una continua e faticosa battaglia. Ogni giorno ci vengono catapultate addosso informazioni che fanno pensare che il domani potrebbe essere peggio dell’oggi, che le nostre azioni per correggerlo siano relativamente inutili, tanto grandi sono gli “interessi di chi fa andare avanti il mondo”. Ma anche noi, per piccolo che sia, abbiamo il nostro mondo che non può essere l’orticello, ma una dimensione che si integra con quella di tanti altri uomini e donne che vivono la nostra epoca, che ha cambiato decisamente volto.

Il futuro non è tranquillizzante se il lavoro manca e il fine mese ha le tasche vuote; la guerra che si inasprisce senza segnali di pace ci preoccupa; come ci preoccupa la sanità pubblica che sembra destinata a diventare privata, spinta in quella direzione dalle “defaillance” del sistema nazionale fatto di lunghe liste di attesa, di servizi in deroga, di mancanza di medici e personale, di posti letto, di pronto soccorso che “di pronto” hanno poco…

Ci preoccupa la nostra età che avanza, senza vedere giovani che prendano il nostro posto perché calano inesorabilmente le nascite. E poi l’alto costo della vita, la paura della povertà, dell’esclusione e delle diseguaglianze, la crisi delle banche che ha scardinato quell’idea che avevamo di fortezze incrollabili… Situazioni che minano la nostra serenità, che non trova conforto nei provvedimenti locali, nazionali ed internazionali.

È, metaforicamente parlando, un inverno irreversibile? Sarà mai primavera? Due i livelli di risposta (che emergono nell’ambito del Consiglio permanente della Cei riunitosi a Roma nei giorni scorsi): alla politica (ma non solo), “è davvero per tutti tempo di risposte certe e non provvisorie, scelte coraggiose e non opportunismi”; e poi il messaggio per la Giornata della Pace 2023 di Papa Francesco: “Quali segni di vita e di speranza possiamo cogliere per andare avanti e cercare di rendere migliore il nostro mondo?”.

Dobbiamo nutrire una cultura cristiana, che dia significato e forma alla parola “insieme” perché “è insieme, nella fraternità e nella solidarietà, che costruiamo la pace, garantiamo la giustizia, superiamo gli eventi più dolorosi”.