Finita la scuola, il tempo ci si spalanca davanti come una porta aperta su un giardino ancora da scoprire. Niente campanelle o verifiche per i liceali e più in là niente esami, elaborati o sessioni improbabili per gli universitari. Solo giorni da riempire, o meglio, da abitare. Un’estate, insomma, che va scelta.
Mi capita spesso di osservare ragazzi della mia età — e anche più giovani — ritrovarsi quasi spaesati nel dover fare i conti con questa pausa tanto agognata quanto ingestibile e non programmabile. Qualcuno scrolla TikTok fino all’alba, qualcuno lavora, altri partono per campi estivi o si dedicano al volontariato. Altri ancora si sentono soli: come se l’estate, invece di essere libertà, fosse solo un vuoto che si allarga.
E allora mi chiedo: che cosa ne facciamo di questo tempo?
C’è chi lo usa per scoprire qualcosa di nuovo: un campus creativo, una settimana in montagna con gli amici, o anche solo qualche ora in oratorio. Non è soltanto questione di “riempire” l’estate, ma di darle un volto. Ho visto quindicenni tornare da un campo con lo sguardo cambiato. E altri, invece, svuotati da giornate intere davanti a uno schermo.
Nel mio piccolo, anche quest’anno ho deciso — seppur con un contributo orario limitato per via della sessione universitaria — di dare una mano come animatore all’Estate Ragazzi dell’oratorio del collegio romano in cui vivo. Non sono il solo: alcuni miei compagni hanno fatto lo stesso, ritagliandosi tempo tra esami e impegni. Cerchiamo di aiutare i genitori che, con la scuola chiusa, non sanno achi e dove lasciare i figli. L’Estate Ragazzi è un luogo sicuro, vivace, formativo: i bambini si divertono, imparano e crescono insieme.
Nella mia città, invece, conosco giovani che durante l’estate danno una mano all’emporio solidale della Caritas, distribuendo pacchi alimentari e pasti ai più bisognosi. Lo fanno con discrezione, senza sterile pubblicità, ma con una generosità contagiosa.
E poi c’è mio fratello. Ha finito brillantemente la quarta liceo scientifico e gioca a calcio a buon livello in una squadra della cintura torinese. Un anno intero tra studio e allenamenti. Quest’estate ha scelto di concentrarsi su una cosa (più o meno) semplice e concreta: imparare a guidare, prendere la patente. Anche questo è crescere.
Perché sì, l’estate può anche essere fatica (lavorare, studiare, aiutare in famiglia….), ma in quella fatica c’è una bellezza sottile: quella di chi sceglie di non rassegnarsi a vivere a metà.