Non ricorda altri giochi della sua fanciullezza, se non quello di fare la fila per ottenere la propria razione di cibo per sé e la famiglia. Erano anni duri: non solo gli inverni polacchi erano particolarmente rigidi, ma l’economia non andava bene. Sua mamma, quando era ancora piccola, era emigrata negli Stati Uniti a cercare fortuna.

All’età di 10 anni, Ewa scopre di amare la poesia e la narrativa, grazie al suo maestro alle elementari. Era un insegnante molto bravo. In realtà era un professore di letteratura all’università, ma la sua adesione a Solidarność lo aveva messo in cattiva luce con le autorità accademiche ed era stato inviato a insegnare in un paesino per castigo. Ewa vince un concorso letterario nazionale che le permette di iscriversi alle scuole superiori, anche se non poteva permetterselo. Alle scuole superiori attraverso i classici della letteratura e un compagno di scuola si interessa in modo profondo, al di là della tradizione religiosa polacca, al cristianesimo, che diventa centrale per la sua vita.

Raggiunge la madre a New York per un anno sabbatico. Coglie l’occasione per scrivere a Czeslaw Milosz, chiedendogli consigli per il suo futuro. Il grande poeta polacco, premio Nobel per la letteratura, inaspettatamente, le risponde, incoraggiandola a continuare gli studi. Decide però di rientrare in patria, dove, grazie agli eccellenti risultati scolastici, inizia l’università. Il suo professore di composizione letteraria la stima tantissimo e la convince a intraprendere un dottorato all’università dell’Illinois. Compie i suoi studi e si dedica all’insegnamento alle scuole superiori. Incontra Eric, di origine italiana e religione ebrea. Si sposano e vivono nei boschi del New Hampshire, continuando l’impegno culturale e religioso. Oggi scrive poesie e traduce i classici americani in polacco.

Una storia affascinante e avventurosa, possibile grazie agli incontri che hanno caratterizzato la sua vita: dal maestro di Solidarność al professore d’università, dal compagno di studi secondari al premio Nobel in esilio e all’amato sposo. Questi incontri la sostengono nella fede e mantengono viva l’espressione artistica.

Come scrisse Milosz: «Desta dunque un uomo, in un posto qualsiasi della terra e permetti che guardandolo io possa ammirare Te».

Filippo Ciantia