(Mario Berardi)

“L’unità morale viene prima della politica”: l’accorato monito del Presidente Mattarella alla coesione nazionale rappresenta il punto di svolta nella babele che ha investito la società italiana (partiti, mondo economico-sociale, scienziati…) nella fase 3 della ripartenza. Dopo una gestione sanitaria complessivamente positiva (pur con alcuni errori gravi, a cominciare dalle vicende drammatiche delle RSA), ora siamo tornati ai conflitti di sempre, mentre la ricostruzione esige solidarietà e convergenza, pur nella differenza di ruoli e compiti.

Anzitutto il Capo dello Stato ha sottolineato il grande mutamento nella politica di Bruxelles verso l’Italia, con la proposta della presidente Ursula von Der Leyen di assegnare a Roma ben 170 miliardi, tra sussidi a fondo perduto e prestiti, in aggiunta agli altri stanziamenti già decisi (Bei, Sure, Mes) e al forte sostegno finanziario della BCE che sta evitando l’esplosione del nostro debito pubblico. Nell’Unione Europea, tuttavia, ci sono resistenze di Stati sovranisti, e il Governo andrebbe sostenuto nella trattativa nell’interesse generale.

La Lega mantiene una linea euroscettica, mentre nella maggioranza permane il no dei Grillini ai 37 miliardi per la sanità offerti dal Mes. Che senso hanno questi divieti in un Paese che ha bisogno di grandi finanziamenti per ripartire? Come possono i pentastellati ignorare il profondo cambiamento della politica europea di fronte all’epidemia? Credono, forse, come dice l’onorevole Di Battista, che l’aiuto possa giungere dalla Cina? E la Lega può veramente pensare che bastino le risorse italiane?

Nel campo economico sono emerse parole durissime del presidente di Confindustria Bonomi contro il Governo, con toni che ricordano le invettive del leader comunista Pajetta nei primi anni Cinquanta. L’ex presidente Prodi le ha definite distruttive: indeboliscono il Paese all’interno e all’esterno e danno fiato ai nostri avversari.

Certamente la Confindustria punta al gettito dei finanziamenti europei, ma non può dimenticare che altri settori della società hanno esigenze altrettanto vitali: agricoltura, commercio, artigianato, turismo, terzo settore, famiglie con mini-redditi… Sarebbe un errore scatenare una guerra intestina per le nuove risorse, peraltro non ancora ottenute.

Ma anche gli scienziati dovrebbero privilegiare la prudenza agli scontri continui: l’epidemia è in discesa, tuttavia ci sono decessi e contagi. Com’è possibile annunciare la fine del Covid-19 in questa situazione senza generare una grande confusione?

L’appello di Mattarella alla responsabilità vale anche per gli epidemiologici. Analogo discorso per le continue liti tra Governatori, come se l’unità del Paese non fosse un essenziale requisito costituzionale; addirittura alcuni presidenti di Regione vogliono le elezioni a luglio, con la pandemia aperta, per lucrare sulla notorietà offerta dalla lotta al coronavirus.

Per superare queste miopie corporative il Governo, finita la fase più dura dell’emergenza, deve indicare alcune linee essenziali di intervento: la sanità, la scuola pubblica (statale e paritaria), le infrastrutture, il rilancio industriale (anche con un nuovo ruolo dello Stato), la tutela del terziario, il sostegno d’emergenza ai poveri, anziani, emarginati…

I mesi più difficili saranno quelli dell’autunno, in attesa dei maggiori finanziamenti europei: tocca alla politica e alla società civile non speculare su ogni difficoltà e, contemporaneamente, accelerare ogni iniziativa possibile: in altre parole lavorare per un’autentica ricostruzione, non “gufare” sul minacciato default, peraltro escluso dalle principali agenzie mondiali di rating.

Mattarella ha anche ricordato l’esempio unitario offerto dalle forze politiche nell’immediato dopoguerra, anche se la Dc stava con gli Usa e il Pci con l’Urss: pur nelle permanenti diversità politiche e ideologiche si giunse a redarre una Costituzione repubblicana di altissimo valore, insieme liberal-democratica e sociale, laica e aperta ai grandi valori della cultura di ispirazione cristiana. Questa unità consentì, tra l’altro, di portare l’Italia tra i Grandi, settima potenza economica dell’Occidente.

Oggi è possibile riprendere quella strada con analoghi risultati perché le basi del Paese sono solide: la larga maggioranza degli italiani, nel pieno della pandemia, ha dimostrato grande adesione alle indicazioni delle Istituzioni, con grandi eroismi di migliaia di persone (medici, infermieri, forze dell’ordine, volontari…); e anche sul piano economico va segnalata la capacità finanziaria di molte famiglie.

Non cresciamo nella paura, ma incoraggiamo i motivi di speranza.