(editoriale)

Tra le molte cose che si porta appresso la vittoria di Conte a Bruxelles potrebbe esserci (il condizionale è ancora d’obbligo, ma la speranza è tanta) un rinnovato sentimento del popolo italiano per il bene comune. Quello che tanto abbiamo trascurato negli anni passati, trascinato in basso dalla caduta libera della politica quando aveva smesso di pensare all’interesse generale dei cittadini, privilegiando il solo tornaconto elettorale, che si fonda su ben altri interessi.

Questa vittoria, applaudita nell’aula del Senato, ma anche dai sondaggi di gradimento del premier, potrebbe invertire la rotta della barca sulla quale tutti ci troviamo, volenti o nolenti, come abbiamo scritto in questo spazio la settimana scorsa. Una politica che vola più alta, farà volare più in alto anche il cittadino, abituatosi troppo in fretta a pretendere da essa quelle due cose che gli facevano comodo (e faceva comodo alla politica accordargliele)… e per il resto, “chi se ne frega”.

In questo senso la vittoria di Conte potrebbe rivelarsi la peggiore sconfitta di chi promuove una politica dell’orticello, quella che dice alla gente ciò che la gente vuol sentirsi dire, ma che è lontana dal bene comune e vicina all’egoismo.

I fatti tuoi, adesso, devono diventare anche i fatti miei, anzi i fatti nostri. Così come uscire dal pantano in cui il Covid (e non solo, ma anche la crisi che comunque gravava sulle spalle del nostro Paese da qualche anno) ci ha gettati, non deve diventare una corsa a chi sgomita più forte per salvarsi, fregandosene di chi ancora ci sguazza dentro suo malgrado. Le conseguenze sarebbero gravi per tutti e i benefici della vittoria sarebbero presto azzerati.

Il bene comune non è qualcuno che sta bene e altri che stanno male: e adesso potrebbero esserci le condizioni per non lasciare indietro nessuno. Bisogna chiederlo a gran voce alla politica e alle istituzioni, ma bisogna chiedere anche a noi stessi un rinnovato senso del bene comune, rinato da una tragedia che ci ha schiaffeggiati e da una vittoria che ci deve fare sentire di nuovo popolo, capace di condividere il bene, di passare dall’io al noi, garanzia di un futuro migliore per le giovani generazioni.