(gabriella franzino – edy guglielmetti) – Feletto ha festeggiato, sabato 2 e domenica 3 agosto, la Madonna delle Grazie.
Presso la Chiesa di San Pietro, prima chiesa Parrocchiale già citata nel “Libro delle decime” della diocesi di Ivrea nel 1368-70, si è tenuta la novena in preparazione alla festa, poi la Messa del sabato sera con la processione, la Messa della domenica e, concludendo il lunedì con la Messa in suffragio dei priori e benefattori defunti e, come da tradizione, per i pescatori.
Commentando, durante l’omelia, le letture che invitano a riflettere sulla vita e sulla vera ricchezza, contrapponendo la vanità delle cose terrene alla ricerca di beni celesti, il Parroco don Stefano Teisa ha sottolineato che tutti gli idoli che ci creiamo e adoriamo sono un’illusione, sono vuoti, vanità.
Ci esorta poi a chiederci: ”Di tutto quello che ritieni importante nella vita, chiediti cosa ti può salvare, chi ti può salvare; lascia alle spalle l’uomo vecchio (San Paolo) e punta alle cose di lassù”.
E perché non disponiamo di tempo infinito in questa vita, non siamo eterni quaggiù, non dimentichiamoci che siamo di passaggio ed appoggiamoci solo a Lui.
Il Parroco poi ci ha esortati a chiedere alla Madonna delle Grazie che non si muoia senza meriti e senza umiltà per poter partecipare all’eredità spirituale della Chiesa e dei Santi.
Sempre alla Vergine, durante l’omelia della Messa del lunedì 4 agosto in cui si celebra la memoria liturgica di San Giovanni Maria Vianney, Curato d’Ars, patrono dei sacerdoti, Don Stefano ha chiesto la grazia di aiutare tutti i sacerdoti nel loro difficile e impegnativo compito, anzi missione, di portare Dio agli uomini, ma anche di sostenerli nelle loro fragilità, debolezze e vulnerabilità.
La Chiesa di San Pietro, il cui campanile è stato colpito da un fulmine nell’estate del 2023, è stata egregiamente restaurata e nulla, esternamente, lascia trapelare il danno subìto e il successivo lavoro che ha riportato la torre campanaria all’originale forma.
Tuttavia le forti piogge di quell’estate, cadute quando tetti e tegole erano ancora mancanti, han fatto sì che numerose infiltrazioni di acqua piovana abbiano compromesso l’integrità di alcuni elementi decorativi alle pareti.
L’idea dei priori, in accordo con don Stefano, è quella di intervenire con un’opera di restauro: l’appello è al buon cuore dei fedeli e di tutti coloro che vorranno dare il loro contributo.
La sollecitudine e l’attaccamento dei priori per la Chiesa è visibile anche nei piccoli interventi agli arredi sacri, in uso o riscoperti in armadi “dimenticati”; e così una colomba di legno ha “rispiegato le ali”, un pannello raffigurante un calice, un pane, la vite e il grano è diventato lo sfondo del tabernacolo, una croce di legno recuperata e restaurata, posta sull’abside, ci ricorda che l’accettazione della sofferenza è parte della vita, ma è anche simbolo di speranza, amore e redenzione.
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