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Mentre stava compiendosi il giorno di Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo, il cenacolo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero lingue come di fuoco, che si dividevano e si posavano su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi”.

Così racconta Luca nel Libro degli Atti. Gli undici rimasti erano insieme con Maria e le donne, quando irruppe su loro lo Spirito Santo: apparve in lingue di fuoco, come un cespuglio che s’arroventa e arde.

Un inizio nuovo di vita divina e umana che comunica con parole e linguaggi diversificati, come diversi e numerosi erano, in quel giorno, gli abitanti a Gerusalemme: Ebrei, Parti, Medi, Romani, Greci, Persiani e Cretesi e Arabi.

Lingue di fuoco e parole entrano nella lingua dell’altro e di altri. Ed ecco le parole del Risorto: “Se uno mi ama, osserva la mia parola, il Padre mio lo amerà e verremo a Lui e prenderemo dimora presso di Lui”.

Così quel giorno inizia la “chiesa-assemblea” di fratelli riuniti nel Signore, abilitata a diffondere la Parola, allora, come oggi, pervasa di Spirito Santo, che, come campo, irrorata di sole e di rugiada, germoglia inusitati steli di vita, nella varietà di cultura e linguaggio. Proprio dalla parola e azione di Papa Francesco, e oggi di Leone XIV, siamo invitati a considerare la Chiesa come giardino di vita che ogni giorno si rinnova, anche quando essa ci appare come “ospedale da campo”.

Occorre osservare, discernere, comprendere e amare, con compassione, “conservando la dolce e confortante gioia di evangelizzare, anche quando occorre seminare nelle lacrime” (EG, 80).
E lo Spirito irrompe in ogni dove come quel giorno, e ne vediamo i segni ovunque; l’ultimo conclave, celebrazioni sacramenti e sacramentali, cresime, consacrazioni diaconali e sacerdotali, professioni religiose, soccorsi a situazioni di povertà, malattia e bisogno.

Proprio in questi giorni lo Spirito irrompe con chiamate e azioni di pace in Ucraina, a Gaza, soccorso dei miseri, manifestazioni nelle piazze di Israele perché si fermi la distruzione e si avviino delle serie trattative di pace che portino alla nascita di due Stati.

Noi credenti siamo “chiesa”, un sistema aperto, dove c’è spazio per la libertà, per pensieri nuovi, per nuove acquisizioni. Padre Giovanni Vannucci, profeta del secolo, invitava e invita “a non pensare pensieri già pensati da altri”. Ieri come oggi, siamo chiamati a “camminare nella verità” (2 Gv, 4). Noi credenti siamo “quelli della strada” (cfr. At. 9,2), attori di un progetto che fiorisce e matura. Siamo coloro, come dice Paolo, “che fanno la verità nell’amore” (Ef. 4,15), incamminati in un divenire e in una crescita.

Beato l’uomo che trova in te il suo rifugio e ha le tue vie nel suo cuore” (Salmo 84,6).