(Filippo Ciantia)

Nel 1693 ci fu un disastroso terremoto che interessò soprattutto la Sicilia orientale. Questa disgrazia fu seguita da una operosa e virtuosa ricostruzione. Grazie a governanti illuminati e ottimi architetti, con scuole artigiane molto sviluppate, oggi abbiamo il Barocco Siciliano tesoro d’arte e di cultura: Modica, Ragusa, Scicli, Noto, sono città uniche per bellezza e fascino.

Ogni anno a Modica, Giorgio organizza un torneo di “Ciappedde”, un vecchio e tradizionale passatempo, intitolato al figlio, scomparso nel 2004 a causa di una grave e rapida malattia. Santuccio viveva intensamente la fede, soprattutto servendo i più poveri e interessandosi alle condizioni dei giovani disoccupati. Fondò il Banco Alimentare a Modica.
Giorgio diventa “figlio del suo figlio” e raccoglie, facendo suoi, tutti i suoi impegni. Da allora dedica tutto, lavoro e tempo libero, per seguire il cammino che suo figlio aveva intrapreso e indicato.

È attivissimo per garantire cibo a chi non ne ha con il banco di solidarietà e si impegna anche nelle attività di banco farmaceutico: a nessuno manchino le medicine necessarie. Colpisce in Giorgio la passione per la professione di carpentiere, il lavoro di Gesù. Ama la sua terra, l’agricoltura tradizionale e l’artigianato. Ha grande cura dei giovani. Attraverso “la Compagnia delle Maestranze”, instancabilmente, come il suo maestro, il carpentiere Gesù, e come suo figlio, segue i giovani perché possano trovare occupazione nella loro terra, senza doversene andare via, con lavori veri e umili come la falegnameria e l’agricoltura. Segue con lo sguardo e, spesso, consigli, il figlio Francesco che, con alcuni giovani colleghi, ristruttura i vecchi stabili di Modica (bellissimi, ma molto rovinati dal tempo e dall’incuria).

Con il lavoro degli artigiani queste antiche case ritornano meravigliose come quando la città era capitale della Sicilia. Adora le attività di giovani agricoltori che sono tornati alla terra, recuperando nobili cultivar di olivo e antichi grani che resero la Sicilia il granaio d’Italia.

Di te amore m’attrista, / mia terra, se oscuri profumi/perde la sera d’aranci, / o d’oleandri…/ Ma se torno a tue rive… / non so se infanzia o amore, / ansia d’altri cieli mi volge, / e mi nascondo nelle perdute cose.
(Quasimodo)