Complice un incontro di amicizia fra ex commilitoni del Genio ferrovieri, è stato piacevole conoscere e visitare un borgo italiano nascosto fra le montagne dell’Appennino umbro-marchigiano: Rasiglia.

È una frazione di Foligno, abbarbicata sulle montagne, ricchissima di acque sorgive che provengono dall’altro versante dei monti.

C’è chi la chiama la “Venezia umbra”, ma non ci sono canali navigabili e gondole.

Ci sono piuttosto canali di acqua purissima e tantissime risorgive che hanno dato vita, nel tempo, a una fiorente industria di tessitura che produceva, soprattutto, coperte.

La fortuna di Rasiglia risale all’insediamento dei benedettini che avevano fondato l’Abbazia di Sassovivo; dell’utilità delle acque ci sono documenti nell’archivio comunale della stessa città e in quello diocesano folignate che risalgono al 1122.

La parola Rasiglia significa “acque impetuose” e la sorgente, chiamata Capovena, è veramente impetuosa.

A Rasiglia si sviluppò l’industria della tessitura e i primi telai erano quelli mossi dalla forza manuale, poi vennero installati quelli meccanici mossi dall’acqua, al tempo della Prima Rivoluzione industriale; tuttavia gli industriali folignati, per accelerare la produzione, soprattutto la famiglia Accorimboni, imbrigliò le acque e costruì un gorgo in cui queste entravano e facevano girare dei congegni meccanici che, collegati a una dinamo, producevano energia elettrica per azionare i telai.

Nel frattempo un italiano di Catanzaro, Giovanni Calabrese, inventò la scheda perforata per i telai che tessevano la seta.

Venezia, Como, Catanzaro e Lione, in Francia, erano i maggiori centri produttivi del prezioso tessuto.

Le schede perforate vennero presto adattate ai telai che producevano coperte di lana a Rasiglia.

Poi arrivarono i telai moderni azionati telematicamente e nel 1975 si fermò l’ultimo telaio meccanico, sul cui rotolo è ancora possibile vedere arrotolata una pezza per confezionare coperte.

In questo paesino, dove vivono solo 15 abitanti, si possono vedere i luoghi dove si lavava, cardava, filava e colorava la lana.

I colori erano tutti naturali, tratti da piante che crescevano nelle campagne circostanti, come la ginestra, la rola di noce, la robbia e il guado, assai prezioso: per ottenerlo, infatti, il procedimento era lungo e impegnativo.

A Rasiglia esistono i ruderi di un castello medioevale e la “Castellina”, villa della famiglia Trinci che qui aveva la seconda casa per le vacanze.

Dal castello parte un corridoio sotterraneo che, nel 1944, durante un rastrellamento dei tedeschi in fuga per l’arrivo degli alleati, permise a un nutrito gruppo di giovani di salvarsi.

Nel 2009 è nata un’associazione volta alla salvaguardia dell’ambiente e delle strutture lavorative.

Nel 2021 ha vinto il premio “Paesaggio” bandito dal Ministero per l’Ambiente.

È un borgo incantevole, che permette di meditare su attività produttive che hanno arricchito generazioni di italiani con manufatti preziosi ed irripetibili.

 

Franca Sarasso