Nella foto: Fulvio Croce
“Caro al nostro cuor”, opera storiografica della ricercatrice Nadia Bon-tempo, nasce da un fortunoso ritrovamento: durante i lavori di ristrutturazione di alcune abitazioni nel centro storico di Castelnuovo Nigra. Nella Caretto e Valentino Ceresa hanno riscoperto più di 1400 lastre stereoscopiche datate tra il 1901 e il 1938. Il lavoro di digitalizzazione ha consentito l’analisi delle immagini che, grazie allo studio dei materiali provenienti da diversi archivi pubblici e privati e alla raccolta di testimonianze e di ricordi personali, ha portato alla luce le storie di quattro famiglie, Nigra, Croce, Gamarra e Revelli-Poma, narrate nelle ambientazioni di Sale e di Villa Castelnuovo, luoghi della villeggiatura estiva tra la fine dell’Ottocento e il primo Novecento.
Tra queste, la vita della famiglia Croce, legata da parentela alla famiglia Nigra, è raccontata attraverso Giovanni e suo figlio Fulvio. “Dire avvocato Croce, era dire canavesano. Non solo per l’origine, ma perché egli manteneva in sé, pur dopo una lunga vita trascorsa a Torino, le caratteristiche più autentiche della gente di quella terra” (Stampa Sera, 29 aprile 1977, p. 6). Fulvio Croce nacque a Sale Castelnuovo il 6 giugno del 1901 da Giovanni e Corinna Benacchio: “il padre era stato il classico medico condotto; batteva una zona enorme tra Sale Castelnuovo e Muriaglio, quando non esistevano strade, ma solo mulattiere, e partiva nel cuore della notte su un cavallo bianco, chiamato da malati lontani; da lui il figlio aveva certamente appreso l’attaccamento al dovere assieme all’amore per il suo Canavese” (Stampa Sera, cit.).
Studiò a Torino, ospite della famiglia Gamarra, presso la Scuola elementare Vittorio Alfieri, poi al Ginnasio Cesare Balbo e, in seguito, al Liceo D’Azeglio dove nel 1918 conseguì il diploma di istruzione classica. Si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Torino; al secondo anno di corso, dal 5 febbraio al 6 giugno 1920, partecipò come legionario all’impresa di Fiume, cosa di cui andò sempre fiero. Fulvio Croce si laureò il 13 luglio 1922 con la votazione di 105 su 110; nel giugno 1925 superò l’esame di Stato per l’abilitazione alla professione di avvocato, dopo un periodo di tirocinio formativo che svolse presso lo Studio Simondetti. Dedicò tutta la sua vita alla professione forense, titolare di uno dei più importanti studi legali della città. Ma non dimenticò mai le sue origini: “appena poteva, fuggiva dalla città […] e si rifugiava nella vecchia, modestissima casa del padre, sull’unica via di Sale Castelnuovo. Di qui partiva con gli amici per battute di caccia, verso il Moncalvo, verso il Verzel e la Quinzeina” (Stampa Sera, cit.).
L’8 giugno 1963 sposò a Cintano Severina Marone e nel 1968 fu eletto a presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Torino: “lo avevano eletto per le sue qualità morali e professionali, ma soprattutto per il suo saper essere sopra la mischia, con un’esperienza da padre antico” (Stampa Sera, cit.).
Il 17 maggio 1976, presso la Corte d’Assise di Torino, ebbe luogo la prima udienza del processo a 23 membri delle Brigate Rosse; i detenuti presenti in aula (tra cui Renato Curcio, Alberto Franceschini, Paolo Maurizio Ferrari e Prospero Gallinari) revocarono agli avvocati di parte il mandato per la difesa: “come combattenti comunisti ci assumiamo collettivamente e per intero la responsabilità politica di ogni sua iniziativa passata presente e futura” (La Stampa, 18 maggio 1976, p. 11). Il presidente della Corte d’assise di Torino, Guido Barbaro, procedette alla nomina dei difensori d’ufficio, sulla base dei nominativi individuati dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati, ma essi furono ricusati dagli imputati. Nel corso della seconda udienza del 24 maggio 1976, sette difensori d’ufficio su dieci rimisero il loro mandato. Così, la Corte d’Assise decise, in camera di consiglio, “di comunicare al Predidente degli Ordini degli avvocati Croce la designazione di difensore d’ufficio per i dieci brigatisti, ai sensi dell’articolo 130 di procedura penale.
L’avvocato Croce chiede tempo fino alla ripresa dell’udienza odierna per scegliere chi affiancare nell’incarico” (La Stampa, 25 maggio 1976, p. 19).
Croce, consapevole dei rischi a cui sarebbe stato esposto, decise di accettare l’incarico e scelse gli altri difensori d’ufficio tra i consiglieri dell’Ordine. Fra questi vi era Franzo Grande Stevens che, durante l’udienza del 7 giugno 1976, sollevò l’eccezione di incostituzionalità dell’articolo 130 del Codice di procedura penale, invocando la Convenzione europea dei diritti dell’uomo che prevedeva il diritto dell’accusato di difendersi personalmente o di avere l’assistenza di un difensore di sua scelta; ma la Corte d’assise ritenne l’eccezione manifestamente infondata e rinviò il processo a nuovo ruolo.
Il 28 aprile 1977, cinque giorni prima della data fissata per la ripresa delle udienze, un nucleo delle Brigate Rosse uccise Fulvio Croce nell’androne di ingresso di via Perrone 5 mentre si stava recando nel suo studio insieme alle sue due segretarie: “uno degli uomini, robusto [poi individuato in Rocco Micaletto], si ferma proprio sul portone […]. “Avvocato!”, grida. L’avvocato Croce si volta. L’uomo estrae una pistola e spara […]. Sei colpi in tutto, di cui cinque finiscono nel bersaglio. L’avvocato Croce è colpito al capo da due proiettili, altri tre si conficcano nel petto […]. Muore in pochi istanti” (La Stampa, 29 aprile 1977, p. 1).
“Adesso riposa nel Canavese, a Castelnuovo Nigra. Dove era nato, dove aveva fatto il sindaco per tre legislature ininterrotte, dove conservava i suoi migliori amici (quelli di sempre, che si incontrano all’asilo, poi alle elementari, o i cacciatori del paese, oppure i compagni di tavolata), dove già sono sepolti tutti i suoi parenti. È stato tumulato nella tomba di famiglia, nel piccolo cimitero di provincia speronato sulla collina, il verde tutt’attorno e fiori spontanei che punteggiano campi e prati” (Gazzetta del popolo, 1° maggio 1977, p. 6).

L’articolo di pagina 5 del Risveglio Popolare del 5 maggio 1977.

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Gli imputati delle Brigate Rosse alla prima udienza del processo.


