BIELLA – “Quando Dio sembra una scommessa, forse a volte è proprio Lui che scommette su di noi”. Questa frase del teologo Henri-Marie De Lubac introduce la questione del libro di Giobbe come una sorta di scommessa tra Dio e Satana: si tratta di verificare se la fede di un uomo, uno che rappresenta tutti gli altri uomini, può diventare il modello di una fiducia inattaccabile anche quando gli eventi si accaniscono.

La sfida è stata raccolta anche dalla “Compagnia del Sanfi”, un gruppo di giovani legati alla storia dell’Oratorio di San Filippo Neri in Biella, nella tradizione della direzione spirituale dell’accoglienza di movimenti giovanili, ma soprattutto nel rapporto personale con ciascun ragazzo. Così 25 aspiranti artisti nella più totale libertà amatoriale hanno scelto il teatro in un testo impegnativo, rivisitando il libro di Giobbe. È un soggetto antico che rappresenta uno spartiacque nella Bibbia tra il concetto esclusivo di una religione legata all’ordinamento della legge religiosa e il senso spirituale della fede in Dio nella sua accezione più profonda del mistero di un Dio a cui credere anche senza riscontri apparenti di bene immediato. Giobbe diventa il paradigma dell’uomo di ogni epoca capace di sostenere la scommessa tra la forza d’amore di Dio e la provocazione del male.

Il Giobbe messo in scena domenica sera al teatro sociale Villani di Biella si svolge in una metaforica stazione ferroviaria: sul treno espresso Dio e Satana scrutano dal finestrino il mondo variegato dei viaggiatori della banchina, tra cui appunto Giobbe. Il testo drammatico diventa così una commedia che alterna recitazione, danza e monologhi arricchiti dalle considerazioni dell’analista Jung, grande appassionato dei libri sapienziali. Giobbe è in qualche modo “la cavia” di un esperimento universale; egli è il giusto su cui si concentra l’attenzione di tutta la storia, quasi anticipando in senso umano la figura del Messia. Se ce la fa un uomo a credere in condizioni estreme, ce la può fare chiunque ad avere fiducia in un Dio che non si vede, anche, e soprattutto, quando non si fa sentire.

Il gruppo dei giovani dell’Oratorio di San Filippo presenta l’allestimento teatrale come icona biblica, indirizzata in senso cristiano e pensata ai giorni nostri, in una stazione ferroviaria, crocevia di un mondo frenetico, tra passanti, nomadi e “amici”. Il titolo, appunto “Non oltrepassare la linea gialla”, nasconde la distanza minima che diventa insuperabile senza la fede in un Dio che si incarna nella storia di ciascuno.

Alla serata a Biella è stato invitato il vescovo di Ivrea monsignor Edoardo Cerrato, che ha particolarmente apprezzato lo spettacolo definendo “ottima l’interpretazione, profondi i testi, avvincente la musica, geniale l’insieme: un’operazione non facile, in considerazione dell’argomento trattato” e tenendo conto che tutto è stato “inventato” e realizzato da questo gruppo di giovani.