A due mesi dal voto lo scenario politico presenta quattro rilevanti novità: il ritorno della questione sociale; il doppio binario del governo Meloni verso Bruxelles; la svolta del Terzo polo verso l’Esecutivo; la sfida nel Pd tra il socialdemocratico Bonaccini e la verde-radicale Schlein.

Questione sociale. Il Governo, nella legge finanziaria, ha premiato il suo elettorato (dodici milioni di voti), trascurando la generalità del paese (cinquanta milioni di maggiorenni). Ne sono emerse decisioni che raffigurano nuove tensioni sociali. Sul reddito di cittadinanza seicentomila persone dovranno cercarsi un posto di lavoro entro otto mesi. Ma è possibile in un anno di recessione? Quanti resteranno senza nulla?
In materia fiscale la flat-tax per gli autonomi è fissata al 15% per redditi fino a 85 mila euro, mentre i lavoratori dipendenti pagano fino al 43%. Lo stesso Corriere della Sera, filo-governativo, ha contestato questa nuova divisione tra le classi sociali. C’è poi un paragrafo sul condono fiscale, venuto alla luce nei giorni della tragedia di Ischia, con una classe politica divisa anche sulla tutela del patrimonio idro-geologico. Un complesso di difficoltà che fanno presagire un nuovo autunno caldo sindacale.

Rapporti con l’Europa. La Meloni segue un doppio binario: da un lato chiede a Bruxelles interventi urgenti, dall’altro difende l’ungherese Orban, che blocca con il veto le decisioni europee. Non si può essere allo stesso tempo comunitari e autarchici, perché è in gioco la credibilità internazionale dell’Italia. In altre parole la guida del Governo è in conflitto con la guida dei Conservatori europei. Questo vale anche per il doppio ruolo del ministro Salvini, altro sostenitore del premier Orban, amico di Putin. Sui temi di politica estera va segnalata anche la diversa posizione di Forza Italia. Senza un chiarimento politico i rapporti Roma-Bruxelles saranno sempre più difficili, anche sull’attuazione del piano nazionale di ripresa e resilienza.

Terzo polo, la svolta. Calenda e Renzi hanno avviato un dialogo collaborativo con il Governo, con un cambio dello scenario politico, a cominciare dall’abbandono del centro-sinistra. L’obbiettivo dei centristi è quello di inserirsi nello scontro interno ai berlusconiani, tra l’ala filo governativa di Tajani e quella degli intransigenti guidata dalla capo-gruppo al Senato Ronzulli. Renzi ha dichiarato a La Stampa di voler abbattere questo Governo entro un anno; ovviamente con la speranza di entrare in un nuovo Esecutivo. Il mutamento dei Centristi assicurerebbe all’area del centro-destra una maggioranza assoluta dell’elettorato; ma sarebbe in contrasto con il voto del 25 settembre.

Le primarie del Pd. Si profila un duello tra il socialdemocratico Bonaccini, ex ds, e l’eurodeputata Elly Schlein, su una linea ecologista e radicale, come leader del movimento femminista. In altre parole una scelta tra due priorità: questione sociale o libertarismo etico. In queste primarie pare ai margini la componente dem di origine ex dc o popolare, che pure ha espresso personalità come Sergio Mattarella. Indebolita dalla scissione di Renzi e dalla dura sconfitta di Letta, questa corrente politica paga anche il prezzo del voto unanime sulla piattaforma elettorale di Letta, con alcuni punti programmatici lontani dalla tradizione culturale dell’elettorato di radice cattolico-democratico (tra le astensioni dal voto gli esperti segnalano una forte presenza di catto-dem).

Continua intanto lo scontro a sinistra tra il Pd e i Grillini di Conte. Questa frattura, insieme alle aperture dei Centristi, è la vera “fortuna” della Meloni, in un quadro politico in fibrillazione, con il permanere di un clima da campagna elettorale.