Le incertezze sulla politica estera nei due poli sono state contestate con fermezza dal Presidente della Repubblica: sull’Ucraina Mattarella ha ribadito che la Russia, Paese invasore, non può essere premiata con conquiste territoriali, perché i confini degli Stati non si cambiano con la forza, in spregio al diritto internazionale.

La pace non si realizza con la guerra. Evidente il richiamo del Quirinale alle posizioni “permissive” di Salvini e Conte, favorevoli alla prima bozza di pace Trump-Putin, imperniata sulla resa di Kiev.
Non da oggi Lega e M5S sono “sensibili” alle istanze moscovite, ma l’elogio aperto di Trump è apparso dirompente in entrambi i Poli. La Lega ha sinora rinviato il decreto governativo sui nuovi aiuti all’Ucraina, il M5S ha costretto il “campo largo” ad una difesa “prudente” delle ragioni di Kiev. Conte e Salvini denotano una sintonia che ricorda il primo governo giallo-verde del 2018, molto tiepido sull’alleanza occidentale, alla ricerca di nuove intese con Mosca e Pechino. Questo “buon vicinato” potrebbe ristabilirsi qualora alle prossime politiche del 2027 emergesse un “pareggio”; già il leader pentastellato ha messo le mani avanti, dicendo alla Festa di Fratelli d’Italia di essere libero nelle alleanze (con buona pace di Elly Schlein, sempre “unitaria”).

Le forti parole di Mattarella hanno toccato indirettamente anche la premier Meloni, sempre a mezza strada tra Bruxelles e la Casa Bianca, lontana dall’attivismo europeista di Francia, Germania, Inghilterra, contraria all’uso degli asset russi per sostenere Kiev, soprattutto sostenitrice del “diritto di veto” delle singole nazioni in sede UE, vera arma di ricatto dell’ungherese Viktor Orban e dello slovacco Robert Fico, filo-Putin. Per il Quirinale va incoraggiato il rilancio dell’unità europea, come chiedono da tempo Mario Draghi e Romano Prodi. L’Unione Europea deve correre di fronte alla doppia sfida di Mosca e Washington (senza dimenticare Pechino), ma questo non è possibile se i singoli governi possono ricorrere a misure di ostruzione. L’Europa “sovranista” non ha futuro; Mattarella sollecita la riscoperta dei valori dei Padri fondatori, in una logica comunitaria e solidale, senza barriere tra i 27 Stati, contro gli “sfascismi” alla Elon Musk.

I due poli cercano di ridimensionare le forti divergenze in politica estera, ma la realtà prevale sulla propaganda. La Meloni, ad Atreju, ha rivendicato la collaborazione del destra-centro, ignorando gli elogi della Lega ai proclami anti-europei di Trump e Putin e le minacce di voto contrario su Kiev del senatore Borghi, esponente autorevole del Carroccio. Anche sulla legge finanziaria la navigazione non è facile, con il Parlamento ancora bloccato a pochi giorni dalla scadenza di fine-anno.

Nella maggioranza non mancano i problemi in Forza Italia, dopo la sconfessione di Tajani da parte di Pier Silvio Berlusconi, che sollecita “facce nuove“, forte del sostegno “milionario” al partito e dell’eredità paterna. Ma non dovrebbe decidere il Congresso dei tesserati?

Nel “campo Largo” spicca la solitudine del Pd: all’Assemblea nazionale l’85% ha rilanciato la candidatura della Schlein a Palazzo Chigi, senza discussione sui continui “no” di Conte. Forte invece la critica al leader della minoranza riformista (15%), Graziano Delrio, per un disegno di legge contro l’antisemitismo (distingue le giuste critiche al governo Netanyahu dal rifiuto dell’esistenza dello Stato di Israele). Il percorso dei Dem coi Pentastellati pare una continuazione della linea dei segretari Bersani e Letta: fiduciosi nell’intesa, con i risultati finali negativi. Le parole di Conte vanno discusse, per evitare un terzo fallimento.

La frammentazione delle forze politiche sta contagiando anche il mondo sindacale: sulla legge finanziaria ci sono state tre diverse manifestazioni di Cgil, Cisl, Uil, con programmi e proposte alternative, passando dal conflitto alla concertazione. La divisione non appare positiva per il mondo del lavoro, in una crisi geo-politica di livello mondiale, con uno strapotere degli autocrati e degli oligarchi (pensiamo alle liquidazioni super-miliardarie di Elon Musk). La strada dell’unità sindacale è difficile, ma è l’unica in grado di difendere la dignità e il ruolo non marginale del mondo del lavoro.