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Domenica scorsa si è celebrata la Giornata Nazionale del Sollievo, con lo scopo di sensibilizzare su azioni mirate ad alleviare la sofferenza fisica e morale di persone con malattie gravi e progressive in fase avanzata, o con limitata aspettativa di vita, e sull’umanizzazione delle cure per loro.

Pensando alle cure palliative o alle terapie del dolore, si immaginano le patologie oncologiche. L’Istat ci ricorda che solo il 40% di coloro i quali accedono alle terapie del dolore ed ai servizi di sollievo sono pazienti oncologici. Il 60% ha malattie neurodegenerative, patologie cardiache, respiratorie o renali per le quali l’aspettativa di vita non è superiore ai 90 giorni, e non è più possibile intervenire con farmaci o terapie chirurgiche, ma che pure hanno necessità di misure intensive di supporto alla vita.

La legge 38/2010, pur avendo sancito il diritto per tutti all’accesso alle cure palliative, si scontra con l’indisponibilità di luoghi e opportunità che assicurino un fine vita dignitoso: ad oggi, solo il 50% dei malati (tra adulti e minori) ne beneficia e solo in alcune Regioni.

Accompagnare una persona durante le fasi ultime della vita significa, oltre alle cure palliative, anche rispondere ai bisogni esistenziali, sociali e spirituali che garantiscono la migliore qualità della vita possibile e la partecipazione, laddove possibile, del paziente stesso, alla definizione delle sue esigenze e del piano di assistenza. Non si tratta quindi solo di fornire terapie farmacologiche essenziali, ma di garantire anche un luogo ed un’opportunità per un ascolto profondo, per potersi accomiatare dalle persone care, per favorire quel processo di accettazione utile all’elaborazione del lutto, consapevoli dell’eredità morale e spirituale che si sta lasciando o che si sta ricevendo.

L’assistenza nel fine vita deve prevedere silenzio, ma anche parole significative capaci di ricostruire le storie e le relazioni, capaci di accogliere i dubbi e le paure verso un ignoto a cui si va incontro. Il sollievo è rendere questo tratto “finale” della vita il più lieve possibile per tutti, trasformando l’esperienza della perdita in un’importante occasione che restituisce il senso del valore della vita.