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Nel 1482, Leonardo da Vinci lasciò la sua Toscana per la Lombardia. In una di quelle giornate in cui il cielo gli apparve – come lo descriverà secoli dopo Manzoni – “così bello… così splendido, così in pace”, grazie al raro effetto ottico della Fata Morgana si stupì di fronte allo spettacolo dell’arco alpino, dominato da una enorme montagna, maestosa e piena di neve e ghiaccio.

Pur senza riferimenti biografici precisi, è suggestivo pensare che tale spettacolo abbia attirato il più eclettico genio della nostra storia allo studio e alla esplorazione delle montagne. Alla visione montana di Leonardo è dedicato ampio spazio nei suoi manoscritti, poi raccolti e rielaborati nel Libro di Pittura. A lui dobbiamo uno dei primi rigorosi studi degli aspetti fisici e naturalistici delle montagne. Quell’ambiente definito fino ad allora come “locus horridus” e aspro – al confronto con la bella e utile natura delle campagne coltivate, “locus amoenus” – divenne invece oggetto di stupore, studio sistematico e apprezzamento.

Descrivendo e spiegando il “colore dell’aria”, quell’azzurro splendido che solo ad alta quota si apprezza, nel “Codice di Leicester” Leonardo racconta di aver scalato il Monboso, l’alto “monte boscoso” che divide l’Italia dalla Svizzera: “… E questo vedrà come vid’io, chi andrà sopra Monboso giogo dell’Alpi…

Il Monboso, la stessa montagna che lo aveva meravigliato nella visione milanese – rinominato Monte Rosa, il monte dei ghiacciai – influenzò profondamente la sua arte. La natura appare in alcune delle sue più grandi opere pittoriche, con dettagli di colore, profondità, realismo e accuratezza che solo un genio può aver realizzato. Contemplando la “Madonna dei Fusi”, oppure “La Vergine e il Bambino con Sant’Anna”, si può apprezzare il realismo e la bellezza delle montagne nello sfondo. La natura per Leonardo era “specchio dell’anima” e “parte essenziale del racconto” pittorico. In questi quadri il Mistero presente nella carne del Bambino Gesù, di Maria, dei personaggi, si fonde con la natura che fa da scenario. Il Mistero che si è fatto carne è immerso nella prospettiva infinita e misteriosa della natura e dei paesaggi.

Buone vacanze!
Quello che vivrete e gusterete, sia vissuto con l’occhio vigile e attento al Mistero che si nasconde nel senso di infinito che il mare, le montagne o le colline suscitano nei nostri animi.