Negli ultimi decenni la trasformazione del panorama mediatico ha messo in discussione l’esistenza stessa dell’informazione locale, rivelando però l’importanza vitale di una stampa vicina ai cittadini e alle comunità. Tra gli anni Novanta e Duemila l’esplosione della bolla digitale negli Stati Uniti ha modificato in maniera radicale il mercato pubblicitario, e non solo in quel Paese. I grandi colossi del Web, collocati nelle zone economicamente più sviluppate, hanno iniziato a drenare risorse sempre più importanti ai mass media tradizionali. A farne le spese, in prima battuta, sono stati i giornali, le radio e le televisioni locali, molto diffusi negli Stati Uniti e che rappresentavano la colonna vertebrale dell’informazione nelle zone più periferiche. Il risultato di questa progressiva riduzione di entrate pubblicitarie è stata la chiusura di testate locali, anche storiche, che non sono più riuscite a reggere l’urto.
Le comunità si sono trovate senza uno strumento di informazione e i territori hanno perso identità e punti di riferimento. Certo esistevano – e anzi fiorivano – i social network, che tuttavia si trasformavano in strumenti di parte, più utili a diffondere la propaganda che l’informazione verificata e poco interessati alla tenuta del tessuto sociale delle comunità.
In pochi anni, gli esiti di questa desertificazione informativa sono stati drammatici e con il venir meno dell’informazione locale si è registrato uno sfilacciamento del tessuto sociale delle comunità, abbinato a un minor interesse per la vita pubblica che si è tradotto in un calo nell’affluenza alle urne e in una riduzione della platea di cittadini disponibili a ricoprire cariche pubbliche a livello locale, quelle in cui sovente l’impegno civico si affianca al volontariato.
Senza informazione molte comunità “periferiche” si sono spente. Un campanello d’allarme preoccupante, che ha fatto comprendere come giornali, radio e Tv locali rappresentassero un collante fondamentale e una risorsa insostituibile per la circolazione delle notizie e delle idee, anche differenti. Anche in Italia. Ne è scaturita una piccola rinascita del giornalismo di prossimità, quello capace di ascoltare le comunità, anche le più piccole. Sottoforma di cooperative o sostenuti da imprenditori locali sono rinati giornali, radio e Tv: certo il cammino è difficile e i colossi digitali non hanno smesso di drena-re risorse pubblicitarie ai “piccoli”, tuttavia questa minuscola inversione di tendenza è significativa, perché ci racconta quanto sia importante che i territori abbiano la loro voce.
È quello che fanno ogni giorno, i giornali della Fisc, ascoltando, raccontando, informando centri grandi e piccoli della nostra Italia, arrivando in tutte le periferie, offrendo un servizio al Paese, alla democrazia, un lavoro quotidiano di cui spesso non si apprezza nella sua complessità l’importanza. Il valore dei giornali loca-li della Fisc è, primariamente, quello di essere un collante delle comunità, di par-lare con rispetto, senza urlare, senza esasperare i toni, perché una frase carica di violenza può produrre conseguenze difficilmente rimediabili. È l’attenzione che poniamo ogni giorno nel nostro lavoro, fedeli a quanto indicato da Papa Leone XIV: “Disarmiamo la comunicazione da ogni pregiudizio, rancore, fanatismo e odio. Non serve una comunicazione fragorosa, muscolare, ma piuttosto una comunicazione capace di ascolto, di raccogliere la voce dei deboli che non hanno voce”.


