L’ingresso di Gesù in Gerusalemme è accompagnato dalla gioia straordinaria del popolo che accoglie il Messia.

L’evangelista Luca mette sulla bocca della folla osannante parole analoghe all’annuncio che aveva inaugurato a suo tempo la nascita di Gesù: “Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli“. La gloria e la pace cantate dagli angeli sulla grotta di Betlemme risuonano nella voce della folla in questo preludio alla Pasqua: è ora inaugurato il natale di un mondo rinnovato dal sacrificio di amore di Gesù che si compirà con la crocifissione.

In quella gioia debordante, riconosciamo l’eco di tutte le figure di conversione che abbiamo riscoperto nella meditazione sui vangeli di queste domeniche quaresimali. Ci pare di sentire la gioia del figlio prodigo ritornato dal padre, il belare della pecorella smarrita tenuta in braccio dal pastore, la voce meravigliata dell’adultera liberata dalla condanna a morte. La folla vede con sorpresa un Messia umile, tutt’altro che paludato, addirittura costretto a prendere in prestito un asino come cavalcatura per il suo ingresso regale!

È più che prevedibile, di fronte a questa scena, la reazione di alcuni farisei. Abituati a misurare la salvezza in base all’osservanza della legge, non capiscono il senso di tutte quelle voci così entusiaste, provenienti da persone molto diverse. È ben difficile catalogare in un codice morale quel vociare formato da spontanee risposte alla rigenerante misericordia di Dio: dà proprio fastidio il chiasso del popolo dei redenti! “Maestro, rimprovera i tuoi discepoli“, intimano scandalizzati i farisei. Gesù risponde: “Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre“. Sì, persino le pietre esultano per il Signore che viene.

La creazione canta l’aurora di un Regno inaugurato dalla Pasqua di Gesù, che di lì a pochi giorni avrà il suo compimento. Uniamoci anche oggi a questo canto con il ramo di ulivo, segno della vera pace che dal cielo è scesa sulla terra. Da quell’olivo nasce l’olio che verrà benedetto nella Messa crismale del Giovedì Santo. È l’olio dai molteplici significati: preparazione all’immersione della vita in Cristo (Battesimo), conferma della nostra missione cristiana (Cresima), dono del ministero a servizio del popolo di Dio (Ordine), consolazione nella fatica della malattia (Unzione degli infermi). Con l’ulivo e l’olio, la nostra vita assapori oggi la luminosa bellezza della Pasqua. Per trovare la speranza, anche in un cambiamento d’epoca, bastano le stesse ragioni di allora.

Lc 19, 28-40

In quel tempo, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui.
E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”». Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno». Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!».
Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli». Ma egli rispose: «Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre».

(Foto di Meranda D da Pixabay)