XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura

(Elisa Moro)

Il Signore prosegue l’insegnamento adoperando parabole, semplici immagini che permettono di cogliere l’importanza del contenuto. Il Regno di Dio è presentato con inizi insignificanti, il “granello di senape”, invisibili, come “il lievito”. Ma è importante procedere con pazienza, in mezzo a difficoltà, anche di fronte alla zizzania che tenta di soffocare il buon raccolto, perché i malvagi rimarranno nel Regno affiancati ai buoni, in modo indiscernibile, fino alla fine del mondo.

“Il regno dei cieli si può paragonare ad un uomo che ha seminato del buon seme” (Mt. 13, 24). Suscita interrogativi quella insolita mescolanza di bene e di male, di Venerdì Santo e Pasqua, che scorrono sotto gli occhi e palpitano nel cuore di ogni uomo.

Non si può non riconoscere la bontà di Dio che muove al bene; è lo stesso Creatore infatti che ha infuso in ciascuno uno spirito capace di meraviglia nel contemplare le grandi opere del creato: “Come sono grandi le tue opere, Signore!” (Sal. 104,24). Poi quello splendore appare deturpato nella vita, incapace di levare gli occhi al cielo, soffocando il germe di bene: San Paolo afferma: “Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto” (Rm. 8,22)».

Il male non deve e non può turbare, ma deve provocare, essere spada affilata: “scegliete oggi chi volete servire” (Gs. 24, 15). La zizzania può diventare grano.

Solo volgendo lo sguardo al Signore, la Chiesa è capace di una purificazione e le scorie, inevitabili come le rughe, possono divenire grano fecondo. Senza impazienza però; si può portare frutto solo se si è capaci di sottomettersi al mistero del grano di senape e non pretendere di produrre subito il grande albero: “Noi o viviamo troppo nella sicurezza del grande albero già esistente o nell’impazienza di avere un albero più grande – dobbiamo invece accettare il mistero che la Chiesa è al contempo grande albero e piccolissimo grano” (Ratzinger, 2000).

È l’esempio di tanti fratelli, prima errabondi nel cuore, ma dopo l’incontro trasformante con Cristo, autentici innamorati di Lui: San Paolo, Sant’Agostino, fino a Charles de Foucault, giovane impulsivo, caduto nella bassezza del peccato fino a dire: “A 17 anni ero proteso verso il male ed ero convinto che fosse tutto normale”; ma, per grazia di Dio, la zizzania ancora una volta è divenuta grano, arrivando ad esclamare: “Per la diffusione del Vangelo sono pronto ad andare fino ai confini del mondo… per amare Gesù di amore totale”

(Forma breve Mt 13,24-30) In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio”».