Sovente ci si accorge che persone e cose sono (state) importanti quando non ci sono più. La loro presenza è un tutto diventato normale e scontato.

C’è un colpevole? Chi spreme, o chi si lascia spremere spinto da grandi ideali, passione, fede, missione, valori, servizio…? Senza fini di lucro, ovviamente.

Se le scuole paritarie, dopo lo sciopero di ieri e martedì, chiudessero le porte per sempre, lascerebbero allo Stato la responsabilità e i costi di quasi 900 mila alunni e 180 mila dipendenti, attualmente dislocati in 12 mila 564 istituti in Italia.

Lo Stato, dimentico del servizio educativo pubblico reso dalle scuole paritarie, capirebbe quanto sono importanti e quanto grande è la sua negligenza nel non sostenerle perché abituato – tra l’altro – al loro lavoro che gli fa risparmiare ogni anno circa 7 mila euro ad alunno.

Dopo anni di indebitamenti per non rendere inaccessibili le rette – con le quali comunque le paritarie non si sostengono e pagano il personale – e dopo il lockdown durante il quale la maggioranza dei genitori quelle rette non ha potuto pagarle, si inventano lo sciopero #Noisiamoinvisibiliperquestogoverno, governo il quale pensa di cavarsela concedendo le “briciole” che cadono dal tavolo del Decreto Rilancio.

Anche nelle nostre Diocesi piemontesi sono migliaia gli alunni che frequentano questi istituti, con famiglie che hanno fatto una scelta educativa ben precisa.

Lo sciopero è un gesto simbolico, un “rumore educativo e costruttivo” che se non sarà ascoltato provocherà la chiusura di almeno il 30% degli istituti, 300 mila alunni che si riverseranno sulla scuola statale, con un aggravio di diversi miliardi di euro sulla collettività.

E un passo indietro della democrazia, provocato dalla ormai eterna, non completa attuazione del principio della parità.