È possibile che un peccatore incallito, un omicida come Caravaggio ci dia “lezione” di fede autentica e profon[1]da, fino a farci penetrare nel cuore di Cristo?

Questa la tesi proposta, e magistralmente sostenuta dal Vescovo monsignor Edoardo Cerrato, nel corso dell’incontro dell’Oratorio del 17 aprile.

Partendo dal quadro che rappresenta l’incontro di Tommaso con Gesù risorto il Vescovo ha evidenziato (sulla scorta del critico d’arte Radaelli) come questo pittore “maledetto” abbia fatto della verità invisibile immagini di un realismo sconvolgente, che “tirano” l’osservatore dentro alla verità.

Lo obbligano, in questo caso, a mettere il dito nella piaga del divino costato, addentrandosi nella carne viva e cadendo poi in ginocchio nella più alta professione di fede: “Mio Signore e mio Dio!”. Non è uno sguardo superficiale quello di Tommaso: egli scruta con attenzione la ferita e ci ficca il dito dentro impietosamente, è attentissimo, la fronte aggrottata come chi esamina scientificamente qualcosa per capire tutto, penetrare fino in fondo il mistero, entrare sempre più dentro, sempre più dentro, entrare nella carne di Cristo per arrivare fino alla profondità del suo cuore.

Una luce – la grande luce caravaggesca! – che è al contempo umana e divina, evidenzia i punti salienti della scena: anche i visi di due altri apostoli ugualmente concentrati e spasmodica[1]mente protesi verso la piaga (forse anche la loro fede non era poi tanto sicura!); e poi la mano del Cristo che afferra il polso di Tommaso e lo tira dentro il suo costato, introducendolo in uno squarcio di eternità!

In questa scena da brivido il pittore rappresenta se stesso nel volto di Tommaso, in una sovrapposizione impressionante: è anch’egli un peccatore, un uomo dalla vita tumultuosa che vuole credere e credere in profondità.

In questa sovrapposizione è insita un’esperienza che possiamo fare tutti noi: è il nostro braccio che Gesù vuole tirare nel suo costato, è noi che vuole nel suo cuore!

Ed è Gesù in carne ed ossa, vero Dio e vero uomo, non un’entità spirituale: è il Cristo che è morto e risorto per noi, è Colui che ci ama e chiede il nostro amore perché vuole salvarci!

È questo che Tommaso vuole verificare, e noi con lui, che siamo rappresentati nel volto del pittore-Tommaso!

Il Cristo risorto non è un Dio lontano che se ne sta in un improbabile Empireo: è un Dio che ci interpella, ci coinvolge, ci invita ad entrare nelle sue piaghe, a superare le difficoltà del credere per entrare nella fede in profondità.

Fede è lasciarci coinvolgere dal Cristo, entrare in Lui, entrare nel roveto ardente dell’amore di Dio, consegnare tutta l’esistenza a quel Dio che è morto e risorto per noi!

Beati coloro che pur non avendo visto hanno creduto e coloro che crederanno in futuro!”.

Qual è il corpo di Cristo che noi tocchiamo oggi?

È la Parola scritta, il Vangelo, è il Suo corpo eucaristico. Unica è la mensa della Parola e del Pane: la Messa è la continuazione del sacrificio di Cristo ed è una realtà che incessantemente si fa presente dopo 2000 anni.

E ci chiama.

Sul volto di Tommaso solcato di rughe nell’estremo sforzo di concentrazione Egli ci chiede “Vuoi entrare anche tu?”.

E noi vogliamo entrare veramente?

In tutti noi c’è un po’ di Tommaso con la sua fede faticosa e un po’ di Caravaggio con la coscienza dei suoi peccati, ma tutto proteso a valorizzare l’unica cosa buona che conosce: l’amore di Dio.

E in noi c’è anche qualcosa dei discepoli di Emmaus che fuggono per la delusione e lo sconforto…. ma Gesù con la sua presenza e le sue parole trasforma la fuga in missione!

Carla Zanetti Occleppo

Redazione Web