Stefano Musso, direttore artistico de “Gli accordi rivelati”, rassegna internazionale di musica da camera giunta alla settima edizione nella stagione 2022-23, ha regalato al pubblico del “Giacosa” una serie di splendidi concerti: ma forse non si aspettava neanche lui l’entusiasmo che avrebbe suscitato, domenica scorsa, l’esibizione del Quartetto Werther (Misia Iannoni Sebastiani violino, Martina Santarone viola, Vladimir Bogdanovic violoncello, Antonio Fiumara pianoforte).

Il pubblico sembrava impazzito, al termine applausi e richieste di “bis” a gran voce parevano non voler più finire.

Gli ingredienti di questo successo risiedevano certamente nella bravura e simpatia dei quattro giovani, nel loro straordinario talento e nel fascino dei brani eseguiti.

Sembravano elementi inscindibili: esecutori e programma.

Programma che pareva confezionato appositamente per loro, come un abito cucito addosso, tanta era l’identificazione delle esecuzioni con lo spirito delle musiche suonate, che sembravano sgorgare spontanee dagli strumenti con una facilità, una naturalezza e una gioia che coinvolgevano nel profondo gli ascoltatori.

In apertura il Quartetto con pianoforte op. 13 di Richard Strauss, seguito dal Quartetto con pianoforte op. 47 di Robert Schumann: opere bellissime e particolarmente accattivanti.

Il Quartetto di Strauss è una chicca, un “unicum” nella produzione del compositore la cui fama è legata ad altri generi piuttosto che alla musica cameristica, limitata agli anni giovanili in cui ancora forte era il legame con la poetica romantica e tardoromantica, segnatamente con Schumann e Brahms.

Ma in questa opera di Strauss ventenne vivono “in nuce” tutte le caratteristiche che costituiranno la cifra caratteristica della sua produzione futura, con il suo fascino multiforme e un po’ ambiguo che è un miscuglio di tradizione e modernità.

Una musica quasi senza tempo con un’individualità, una potenza, una passionalità che catturano.

Un mondo a sé, vario e ricco di atteggiamenti stilistici e psicologici, un discorso sempre incalzante e ricco di sorprese, idee tematiche pregnanti e continuamente variate e presentate sotto luci diverse: dramma, comicità, visioni, ironia, estasi, attese, energia e tenerezza, fasi interlocutorie e risposte perentorie o scherzo[1]se… rese dagli esecutori con efficacia eccezionale e supremo senso di libertà, pur nella perfetta adesione al dettato testuale.

Libertà che deriva dal completo superamento dei problemi tecnici che permette un assoluto abbandono alla Musica e alle sue esigenze interpretative.

Momenti di rarefazione sonora e progressivo ispessimento del tessuto sonoro fino a un amalgama pieno e pastoso in cui abbiamo potuto ammirare la coesione dell’insieme e la bravura di ogni singolo interprete, la bellezza della cavata degli archi, il tocco sapiente e la chiarezza del pianista, il fraseggio parlante ed espressivo, le dinamiche raffinate fino all’estenuazione, il dialogo complice fra gli strumenti, la scorrevolezza nella polifonia, la morbidezza nel cantabile… puro godimento dei sensi e del cuore!

Se il Quartetto di Strauss era la “novità” della programmazione, non certo meno bello e godibile il brano di Schumann, eseguito con la stessa passione e potenza espressiva: dall’inizio quasi religioso al moto perpetuo dello Scherzo, che ha offerto uno splendido squarcio pianistico, alla meravigliosa melodia dell’Andante stupendamente cantata, all’energia ritmica dell’incipit del Finale da cui scaturisce un discorso vario e articolato, in parte anche fugato, la sapienza compositiva di Schumann e la bellezza dell’esecuzione hanno stregato il pubblico.

L’Andante di Schumann è stato bissato a grande richiesta dopo un brano di Brahms fuori programma.

Un concerto che non dimenticheremo!

Carla Zanetti Occleppo

Redazione Web