Due interessanti incontri sono in programma ad Ivrea la prossima settimana per “Ripensare la pena – Dentro, fuori e oltre il carcere”, nell’ambito di una iniziativa più vasta dal titolo “Ti riguarda”.

Il primo appuntamento si terrà allo Zac! di via Dora Baltea alle 21 di giovedì 9 marzo; il secondo dalle 9,30 alle 17 di venerdì 10 marzo nell’Aula Magna della sede di Ivrea del Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche dell’Università di Torino.

Il focus è ovviamente sul tema del carcere e cerca idee, proposte, prospettive, soluzioni, buone prassi e alternative alla detenzione, sempre pensando di concretizzare quel salto necessario da una giustizia punitiva a quella rieducativa, anche in vista di realizzare una società più giusta e sicura.

La serata di “parole e musica” di giovedì allo Zac! vedrà la partecipazione della senatrice Ilaria Cucchi, sul tema della violazione dei diritti umani in carcere; del giornalista di inchiesta Nello Trocchia, che spiegherà il rapporto tra giornalismo e denuncia sociale raccontati nel libro “Pestaggio di Stato”; e infine il rapper e scrittore Kento su creatività e rabbia nel carcere minorile raccontate nel libro “Barre”.

La giornata di venerdì 10 marzo, dalle 9,30 alle 17 alle Officine H, sarà invece dedicata a più tavole rotonde per confronti, dibattiti, spunti di riflessione, testimonianze e alla fine la redazione dei punti programmatici di una iniziativa che ad Ivrea fa tappa ma, ci è stato detto, percorrerà altre città e altri spazi.

Una “appendice” dell’iniziativa sarà un incontro con gli studenti del C.IA.C sul tema “Demitizzazione dei comportamenti a rischio e illegali.

Spazi di espressione, di ascolto, di consapevolezza in un progetto di prevenzione” nella mattinata di venerdì, con la partecipazione di Kento e della “mixologist” Daniela Garcea.

L’evento è organizzato da “Officine Terzo Settore” e associazione Antigone, con il sostegno di Zac!, Fraternità di Lessolo odv, Libreria Mondadori Ivrea e AVP (Associazione dei Volontari Penitenziari).

Nella presentazione dell’iniziativa è sottolineato che “il sistema penitenziario italiano, al centro della cronaca politica di questi mesi, registra un evidente fallimento della fonte ispirativa della giustizia penale, codificata nell’articolo 27 della Costituzione: la responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte”.

Nelle carceri italiane il numero di decessi per suicidio è allarmante, le condizioni degli istituti di pena precarie, la recidiva è a livelli altissimi e “il mancato rispetto dei diritti fondamentali della persona, il disinvestimento sugli obiettivi di reinserimento e riabilitazione dimostrano la drammatica criticità in cui si trovano a vivere detenuti e personale interno ed esterno agli istituti penitenziari”, sostengono gli organizzatori.

L’obiettivo della rieducazione del carcerato fa parte della cultura dei sistemi penali occidentali, che tuttavia lo perseguono con strategie diverse; alcuni Paesi contrastano la recidiva con investimenti sulla riabilitazione, su progetti di rete e di inclusione esterni; affrontano il problema del sovraffollamento mettendo in atto misure alternative, puntano sulla responsabilità e su occasioni lavorative, formative, di socializzazione.

I Paesi i cui sistemi hanno investito su questo impianto registrano dei miglioramenti nel campo dei diritti effettivi all’interno del carcere, sulla sicurezza sociale, sul recupero delle persone che lo hanno attraversato.

Che cosa suggeriscono gli organizzatori di questi eventi ad Ivrea?

Affinché si realizzi il principio costituzionale, è necessario far attraversare gli spazi detentivi dalla società, dalle occasioni formative, lavorative, culturali in senso ampio. Quando il carcere è inevitabile, dentro le sue mura occorre applicare l’articolo 27 della Costituzione, alimentando il dialogando con il territorio, sviluppando un progetto che contenga un’idea di società più giusta e quindi più sicura”.

E fuori dal carcere?

Le misure alternative alla detenzione sono il vero banco di prova della possibilità di creare processi di autonomia e reinserimento della persona che sconta la sua pena”.

Si riuscirà ad andare oltre il carcere pensando ai minori?

Difficile credere che uno Stato democratico possa pensare ad un muro perimetrale come unica soluzione per reinserire e restituire cittadinanza sostanziale ai minorenni, che, nella maggior parte dei casi, si sono resi responsabili di reati cosiddetti ‘minori’ e che vengono da situazioni di indigenza sociale ed economica. Ogni misura di carattere penale che riguardi il minore deve essere fortemente associata a riflessioni e pratiche di carattere pedagogico, sulla centralità della dimensione educativa e di supporto sociale, sull’analisi del contesto di provenienza e sulla comprensione dell’unicità del minore”.

Redazione Web