Una clamorosa smentita al detto “nessuno è profeta in patria” è venuta la sera del 3 marzo scorso al Teatro “Giacosa” che ha visto in palcoscenico, per la stagione concertistica de “Gli accordi rivelati”, rassegna internazionale di musica da camera, il chitarrista eporediese Marco Musso, fratello del direttore artistico della rassegna, maestro Stefano Musso.

Non era certo per motivi di parentela che il giovane artista era stato invitato a esibirsi ad Ivrea, ma perché, come sempre, la rassegna offre semplicemente il meglio disponibile per ogni singolo evento.

Il pubblico, strabocchevole ed entusiasta, ha sancito anche “in patria” la straordinaria bravura di Marco Musso, conosciuto e apprezzato ormai in tutto il mondo e presente nei teatri più importanti e nelle stagioni più prestigiose.

Oltre alla sua affermazione personale, Musso dal 2016 riscuote grande successo in campo internazionale suonando in duo con un altro eccellente e “blasonato” chitarrista, Davide Giovanni Tomasi: il Tomasi-Musso Guitar Duo si propone di “espandere il repertorio per due chitarre, affrontando un repertorio finora inedito per questa formazione”, spingendosi fino alla trascrizione per due chitarre della parte pianistica di uno dei cicli più famosi di Lieder di Schubert, il Winterreise (Viaggio d’inverno), avvalendosi per il canto del baritono tedesco Jonas Müller, anch’egli bravissimo e con un ottimo curriculum.

È questa formazione che, qui a Ivrea, ci ha deliziati con il ciclo schubertiano.

Non è certo stato facile sostituire il pianoforte in un Lied di Schubert, massimo liederista e creatore del Lied moderno, che si è dedicato per tutta la vita, attraversando stili diversi, a questo genere musicale, penetrando e riplasmando la poesia e “traducendola” mirabilmente sul pianoforte con una unità inscindibile fra voce e strumento.

Ma in questa operazione nulla è andato perduto dell’eredità schubertiana: le chitarre, infatti, suonate con perizia, intelligenza, espressività e, soprattutto, con raffinatissimo gusto timbrico, hanno penetrato e ri-creato lo spirito poetico dei testi, fondendosi perfettamente con il canto in un’unità armoniosa e pregnante.

Il Winterreise, su testo di Wilhelm Müller, composto nell’ultimo anno di vita dell’artista viennese, è il canto angosciato di un viandante solitario disperato per l’abbandono dell’amata, che cammina in un inverno gelido, ricordando e pensando…

Ma Schubert ormai, ben lontano dall’immediatezza e dagli sfoghi da Sturm und Drang dei suoi primi anni, calibra magistralmente la forma, va oltre la realtà del dato oggettivo verso regioni psichiche e spirituali, dove la coscienza medita, pone domande, cerca risposte che non trova e affoga in un doloroso sentimento cosmico.

Tutto viene espresso con atteggiamenti stilistici variati, puntuali e incisivi, in un dialogo serrato fra il solista e le chitarre, che hanno mirabilmente sottolineato, accompagnato, preparato il sentire espresso splendidamente dal cantante che ci ha trascinati al centro del dramma con la sua voce calda ed espressiva, la potenza della sua interpretazione, sempre viva ed efficace, la dizione chiara e l’intonazione perfetta.

Tristezza, dolce malinconia, nostalgia, interrogativi, ribellione, rabbia, perorazione…

Le bellissime, struggenti melodie schubertiane che finiscono in dramma, le tempeste che si stemperano in dolcezza, una vocalità a volte quasi aspra di chi vuole capire e non può, e quello straordinario canto finale stranito, sognante, come fuori del mondo…

Un’interpretazione che ci ha fatti sognare.

Concerto bellissimo, ovazioni alle stelle.

Carla Zanetti Occleppo

Redazione Web