Referendum impegnativi con l’ostacolo del quorum: serve il 50 per cento più uno dei votanti (circa 26 milioni) per la validità della consultazione. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha esortato al voto, che è alla base delle istituzioni democratiche nate dalla caduta della dittatura nazifascista; un diritto conquistato con il sacrificio di migliaia e migliaia di persone nella lotta di Resistenza, in Italia e in Europa.
L’appello del Quirinale non è stato tuttavia accolto dalla maggioranza di governo (fatta eccezione per i Moderati di Lupi, che voteranno no). FdI, Lega, Forza Italia si asterranno, la Meloni andrà al seggio ma non ritirerà le schede: una presenza inutile, perché sarà come l’astensione. La scelta governativa ha fatto mancare un opportuno confronto su due temi referendari di estrema attualità: il diritto di cittadinanza a cinque anni anziché dieci (proposto dalla lista +Europa, appoggiata da molte associazioni del volontariato cattolico), le norme sul lavoro varate dai governi Renzi-Gentiloni. Le quattro proposte referendarie della Cgil chiedono il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo, nelle grandi e nelle piccole imprese; limitare inoltre la liberalizzazione dei contratti a termine, rendere più sicuro il lavoro nel sistema degli appalti.
Sulla cittadinanza è una scelta di umanità: perché chi lavora o studia e rispetta le leggi deve aspettare tanto tempo per divenire un cittadino di serie A? Perchè rallentare il processo di integrazione nella società civile?
Più complesso ma non meno importante il dibattito sul lavoro: continuare con la supremazia del mercato, con più impegni e bassi salari, soprattutto con i casi clamorosi di sfruttamento con i contratti a termine-capestro, o tornare ad un maggior ruolo dello Stato a tutela della dignità di tutti i lavoratori?
Sui temi avanzati della Cgil il centro-sinistra si è diviso, mentre è compatto sul sì al referendum sulla cittadinanza. La segreteria dem, Alternativa Verdi e Sinistra e M5S sono per il pieno appoggio alla linea Landini. Sostanzialmente contrari Calenda e Renzi, mentre l’area riformista del Pd voterà soltanto sì al quesito sugli appalti (dichiarazione dell’ex ministro Delrio al “Corriere”).
I referendum non hanno avuto una grande eco sui media (in particolare in Tv), non solo per la legittima priorità ai temi della pace, ma anche per la “prudenza” nei confronti del Governo e della Confindustria, schierati su una linea critica nei confronti della campagna referendaria.
È stato invece dedicato un giusto spazio alla ferma condanna di Mattarella delle atrocità a Gaza dell’esercito israeliano: “è inumano affamare un popolo” ha “gridato” il Capo dello Stato davanti agli ambasciatori di tutto il mondo. Una condanna risoluta del governo Netanyau, associata sempre al rispetto della tesi ONU dei “due popoli, due Stati” nella terra di Cristo; contemporanea la denuncia di ogni forma di antisemitismo.
La presidente Meloni si è associata alle parole di Mattarella, ponendo fine a molti silenzi del Governo sulle responsabilità del premier di Tel Aviv. Pesa sul destra-centro la linea di Salvini, che ha condiviso con il leader ungherese Orban la grave accoglienza del leader istraeliano a Budapest, nonostante il mandato di cattura del Tribunale internazionale dell’Aja. Ai tempi della prima Repubblica, quando la politica estera era prioritaria, la linea di rottura del Carroccio avrebbe determinato una crisi.
Nel “campo largo” c’è unità contro Netanyau ma diverse valutazioni sui rapporti con Istraele. Di qui la scelta di due manifestazioni distinte su Gaza: a Roma Pd, M5S e AVS con una piattaforma tutta incentrata sulla denuncia dei silenzi del governo italiano, sulla condanna piena dell’operato di Tel Aviv, sulla richiesta di revisione delle intese e, soprattutto, sull’immediato riconoscimento dello Stato Palestinese. A Milano manifestazione dei centristi di Azione e Italia Viva, anche con l’adesione di esponenti riformisti del Pd. L’obiettivo: due stati, due popoli, istraeliano e palestinese.
Nel continuo travaglio dei due Poli, il Quirinale, dal Referendum a Gaza, resta il punto di equilibrio della politica italiana, una guida sicura.