“E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito” (Mc 1,43). Il Vangelo di questa Domenica ci presenta un volto di Gesù che difficilmente oggi riusciamo a immaginare. Un Gesù severo che caccia via le persone, ma certo, non prima che la Sua Parola abbia “operato ciò che desidera” (Is 55,11). La Parola di Gesù è efficace, esaudisce ciò che con fede gli domandiamo, e l’esempio ne è proprio il lebbroso. Ma Gesù non è semplicemente “uno che parla”: Egli è la Parola, il Verbo (Gv 1) che non teme il contatto e il confronto con la debolezza della carne e così, diversamente dai farisei e dagli scribi, Lui è colui che di quel malato “ebbe compassione”.

È impressionante come, in questo versetto e con le stesse identiche parole riportate nel Vangelo di Luca, Gesù si identifichi come il Buon Samaritano. Il parallelo è più che evidente per la successione dei verbi, Luca infatti dice: “lo vide e ne ebbe compassione. Gli andò vicino, versò olio e vino sulle sue ferite e gliele fasciò” (Lc 10,33-34) mentre Marco: “Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!»” (Mc 1,41).

All’origine di tutto c’è il riconoscimento di una necessità nell’altro che ci interpella: il Buon Samaritano si accorge di un uomo “mezzo morto” (Lc 10,30), Gesù si accorge di un uomo morto completamente agli occhi del mondo. Questa infatti è la percezione che si aveva dei malati di lebbra e non dovrebbe essere troppo difficile per noi capirla (basta tornare indietro a quel non troppo lontano 2020 per ricordarci cosa significasse entrare “in contatto” con una persona positiva al COVID-19). Eppure Gesù, come il Buon Samaritano non si spaventa: nonostante toccandolo rischi di contagiarsi “tese la mano, lo toccò”.

Pensiamo a cosa significò allora per i suoi discepoli quel gesto. Pensiamo a Pietro (che non si faceva troppi problemi a rimproverare Gesù) e immaginiamo che cos’avrà provato in quel momento. A Gesù non importa, lo fa perché sa che è la cosa giusta e da questo contatto, le parole che cambiano la vita all’uomo, o meglio, che gli ridonano la vita, come una nuova creazione: “Lo voglio, sii purificato!”.

Gesù però non ha ancora finito la sua opera, infatti, lo ammonisce severamente: “Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro” (Mc 1,44). Ma egli disubbidì e subito, per la troppa gioia, andò a dire a tutti dell’accaduto.

Questo interroga anche noi sul nostro modo di relazionarci al Signore. Siamo realmente convinti che Gesù può cambiarci la vita? E poi, siamo realmente disposti non solo a invocare la sua azione, ma anche a “ringraziarlo” dopo il suo intervento?

Mc 1,40-45

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!»
Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti;
e venivano a lui da ogni parte.