Il profeta Isaia parla agli ebrei appena rientrati dall’esilio in Babilonia: Gerusalemme, pianta e sospirata quando erano lontani, ora li riaccoglie come una madre di nuovo gloriosa, che in pace nutre i suoi figli e li consola del lungo patire. La realtà storica tuttavia era molto diversa: rientrati dall’esilio, gli ebrei continuavano ad essere sotto una potenza straniera e si trovavano davanti una città distrutta da ricostruire, tra mille difficoltà che da allora non sono più venute meno. Ma proprio il contrasto tra la cruda realtà e le auree parole del profeta ha indotto a dare a queste ultime il valore di un annuncio, di una prospettiva che si realizzerà soltanto nel mondo venturo. Paolo delinea il vero apostolo di Cristo che annuncia il Vangelo il quale ha al centro la croce di Cristo, sorgente della nuova creatura. Paolo propone l’annuncio della croce, fonte unica di vera libertà e pace.

L’evangelista Luca ci narra degli impegni essenziali del missionario cristiano. Il mandato missionario non consiste nel dire o fare cose impressionanti, ma nel testimoniare con umile amore una vicinanza di Dio sempre possibile e sempre più intensa di quanto si possa immaginare o desiderare. Naturalmente, per essere testimoni di questa inaudita intimità tra noi e Dio, occorre prima imparare a portare il mistero di Cristo nel nostro corpo e nelle pieghe più sofferte della nostra storia, fino a essere una “nuova creatura”. Il Signore, scrive san Luca, “designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi”. Settantadue è un numero simbolico: esso fa riferimento ai settantadue popoli che hanno origine dai figli di Noè, come racconta la Genesi, oppure secondo alcuni richiama i settanta anziani che furono chiamati a collaborare con Mosè. Inoltre ai tempi di Gesù si pensava che 72 fossero le nazioni sparse sulla terra: ciò sta ad indicare che nessuno è escluso da questo annuncio di salvezza e che tutti siamo apostoli, tutti siamo missionari.

Luca prosegue scrivendo che Gesù diceva loro: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!”. Ciò significa che non dobbiamo scoraggiarci per le difficoltà che incontreremo: la società al tempo di Gesù non era certamente più disposta ad accogliere il vangelo di quanto lo sia la società di oggi. Del resto, non c’è missione che non sia preceduta da una supplica a Dio e Gesù ha dato l’esempio, pregando prima di chiamare i Dodici. Benedetto XVI diceva: “Pregate il padrone della messe che mandi operai!”. Ciò significa: la messe c’è, ma Dio vuole servirsi degli uomini, perché essa venga portata nel granaio. Dio ha bisogno di uomini. Ha bisogno di persone che dicano: “Sì, io sono disposto a diventare il Tuo operaio per la messe, sono disposto ad aiutare affinché questa messe che sta maturando nei cuori degli uomini possa veramente entrare nei granai dell’eternità e diventare perenne comunione divina di gioia e di amore”.

Pregate il padrone della messe!” Questo vuol dire anche che non possiamo semplicemente “produrre” vocazioni, esse devono venire da Dio. Non possiamo, come forse in altre professioni, per mezzo di una propaganda ben mirata, mediante “strategie adeguate”, semplicemente reclutare delle persone. La chiamata, partendo dal cuore di Dio, deve sempre trovare la via al cuore dell’uomo. E tuttavia: proprio perché arrivi nei cuori degli uomini è necessaria anche la nostra collaborazione. Chiederlo al padrone della messe significa certamente innanzitutto pregare per questo, scuotere il suo cuore e dire: “Fallo per favore! Risveglia gli uomini! Accendi in loro l’entusiasmo e la gioia per il Vangelo! Fa’ loro capire che questo è il tesoro più prezioso di ogni altro tesoro e che colui che l’ha scoperto deve trasmetterlo!”.

Lc 10,1-9 (Forma breve)

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi quelli che vi lavorano! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi chi lavori nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».