Nell’editoriale della settimana scorsa avevamo messo l’accento sulle “fake news”, prendendo spunto dalla celebrazione della giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Oggi è la volta della “privacy” in considerazione del fatto che il 25 maggio prossimo entrerà in vigore il nuovo regolamento europeo a cui dobbiamo strettamente attenerci. Ne scriviamo nelle pagine interne del nostro giornale, cercando di dire cos’è e cosa rappresenterà per il cambiamento del nostro comportamento su questo delicato tema.
Perché la “privacy” è un tema delicato, certamente sottovalutato da noi stessi e a cui non prestiamo la dovuta attenzione. Alla nostra considerazione appaiono molto più urgenti altri temi e problemi della vita quotidiana tra cui quello di riuscire ogni giorno a mettere insieme il pranzo con la cena, non perdere il lavoro, goderci le vacanze, sperare e credere che nessun figlio resterà bocciato tra un mese quando la scuola sarà finita, che la tarantella per la formazione di un Governo finisca in modo che il nostro Paese non abbia a pagarne un conto salato dentro e fuori i confini, che l’auto vecchia regga ancora un po’ e che quella nuova sia stato un acquisto azzeccato…
Insomma, nella giornata rimbalzano nella nostra testa tante domande, tutte legittime e tanti pensieri. Che affiori anche quello su una legge, peraltro approvata due anni fa, a tutela della nostra “privacy” e che richiede delle attenzioni da parte nostra, non è così scontato. Invece dovrebbe esserlo, perché i nostri dati personali oggi – e sempre di più col passare del tempo – sono utilizzati per ogni genere di servizio e prestazione.

Avete riflettuto in quante occasioni snoccioliamo i nostri dati personali? Dal formulario per la carta fedeltà del supermercato all’abbonamento per il treno. Dall’acquisto sul web alle condivisioni sullo smartphone. Franco Pizzetti nel suo pezzo a pagina 3 ci spiega bene perché è ormai ovvio che i nostri dati circolino e che noi li si comunichi a destra e a sinistra; se non lo facessimo non potremmo fare l’abbonamento dell’autobus o del giornale e neppure acquistare e pagare on line. Il nuovo regolamento impone che la circolazione dei nostri dati avvenga in un ambiente sicuro, protetto: cioè in un clima di fiducia tra noi e chi li tratta.

Fiducia. Una vecchia pubblicità televisiva diceva che “la fiducia è una cosa seria”. Perché ci sia fiducia la legge non basta. Ci vuole una consapevole partecipazione e responsabilità dei singoli – nostra – che cammina di pari passo con l’evoluzione dei tempi e di tutte le cose che stanno dentro al tempo. Il tempo di delegare alla legge è sostanzialmente finito. Si è sempre detto che la legge non ammette ignoranza. Ormai si va oltre a questo. Perché la sola conoscenza non basta più; ci vuole adesione, partecipazione, approfondimento, discernimento, consapevolezza, riflessione.
Un regolamento come questo sulla privacy – ma non solo questo e non da oggi – ci trasforma da spettatori in attori. Impone responsabilità a chi tratta i nostri dati imponendo a noi l’altrettanta responsabilità dell’uso che ne facciamo, di come noi stessi li sbandieriamo ai quattro venti o li centelliniamo con saggezza. E’ quanto cerca di farci capire il pezzo di Cristina Terribili che guarda non tra le pieghe della legge, ma tra i comportamenti – spesso a rischio – che abbiamo, soprattutto quando sciogliamo le vele per navigare in quel mare sempre in burrasca che è il web, nel quale diciamo tutto e di più – sovente troppo e a sproposito – riguardo a noi stessi, e a cui crediamo anche quando una parte non è altro che “fake news”.

E così siamo arrivati al punto di partenza, qualche riga più sopra. Scrivevamo la settimana scorsa che se c’è bisogno di un giornalismo autentico c’è anche bisogno di lettori e fruitori del web informati, maturi, coscienti, prudenti, responsabili e che non deleghino con faciloneria agli addetti ai lavori il problema legato alle “fake news” per trovare una soluzione. La soluzione la si trova insieme. Oggi è lo stesso. Tiriamo le stesse conclusioni. Per stabilire un clima proficuo e di fiducia nel vortice pazzamente veloce della libera circolazione dei nostri dati, bisogna essere in due. Uno dei due attori siamo noi, perché nessuno come noi può garantire la privacy che ci meritiamo.

Carlo Maria Zorzi