(Mario Berardi)

Da due settimane continua la “pazzia” della guerra di Putin contro il popolo ucraino, con devastazioni, morti, feriti, due milioni di sfollati, sofferenze inaudite per donne, bambini… Il pensiero della larga maggioranza degli italiani è stato adeguatamente esposto dal Presidente Mattarella nella cerimonia dell’8 marzo dedicata alle donne dell’Ucraina: “Non è tollerabile, e non dovrebbe essere neppure concepibile, che in questo nuovo millennio qualcuno voglia comportarsi secondo i criteri di potenza dei secoli passati, pretendendo che gli Stati più grandi e più forti abbiano il diritto di imporre le proprie scelte ai Paesi più vicini e, in caso contrario, di aggredirli con la violenza delle armi. Va fermato subito questo ritorno all’indietro della storia e della civiltà”.

Per i paradossi della storia, dopo esser stata nel secolo scorso la capitale mondiale del comunismo, Mosca oggi è l’epicentro del nazionalismo, con un modello che ci riporta all’Ottocento, anche di guerra. Peraltro gli stessi sostenitori di Putin si rifanno al passato: in una recente intervista al Corriere della Sera, il noto storico Roy Medvedev, nel difendere le scelte contro l’Ucraina ammette il disegno “imperiale”: “Non c’è nulla di male a voler ricreare una Russia che almeno come territorio si richiami ai confini dello zar Pietro il Grande”. Lo storico, purtroppo, si è già dimenticato i milioni di morti della prima e seconda guerra mondiale.

A questi drammatici eventi ha fatto invece riferimento il presidente statunitense Biden nell’escludere, come Occidente, la terza guerra mondiale e nucleare, piuttosto colpendo Mosca con pesanti sanzioni economiche e finanziarie, senza la scelta bellica dello scontro diretto.

La svolta russa ha indotto l’Europa (e l’Italia) a una nuova solidarietà ed unità: la fase del sovranismo sembra sepolta, i valori di libertà, democrazia, difesa della persona riemergono, per convinzione e per necessità, unendo le grandi correnti politiche, liberale popolare, socialista, lasciando ai margini le tendenze separatiste.

La solidarietà concreta all’Ucraina e le sanzioni alla Russia, pur rilevanti, da sole non bastano a fermare il conflitto; per questo sono necessarie le iniziative di mediazione, anche se Putin ha detto a Macron che chiede l’accettazione del suo diktat; ma la stessa Russia non potrebbe reggere a lungo l’isolamento internazionale. A trattare, dopo Parigi e Gerusalemme, ci prova ora la Turchia, mentre resta in attesa la Cina, sollecitata dalla stessa Unione Europea. Il Presidente Xi, pur ribadendo i legami con Mosca, non ha nascosto le preoccupazioni per le gravi conseguenze delle sanzioni sull’economia mondiale. Pronta a mediare la stessa Santa Sede.

L’Italia – solidale con l’Occidente – ha due problemi immediati, di grande rilevanza: le conseguenze economiche della crisi, l’accoglienza dei profughi. Il nostro tallone d’Achille è la dipendenza dalla Russia per il gas (43%), che fa temere per l’autunno: occorre ripensare la politica energetica, ma anche considerare una inevitabile fase di sacrifici qualora i rapporti con Mosca si deteriorassero ulteriormente: non possiamo a parole essere solidali con Kiev e poi sottrarci agli oneri conseguenti. Altrettanto delicato il soccorso ai profughi che, secondo l’UE, saranno cinque milioni, da suddividere nei 27 paesi dell’Unione. Da talune forze politiche si esprime apertura verso gli Ucraini ma chiusura verso altre etnie, come se le persone non fossero tutte uguali dinnanzi a Dio e alla legge. Sarebbe terribile dividere i rifugiati in buoni e cattivi, con una nuova guerra dei poveri. Su questa frontiera l’umanesimo, laico e cattolico, è chiamato ad una grande vigilanza, nella linea delle garanzie democratiche espresse dalla Carta costituzionale.

Il conflitto richiede poi alle forze politiche nuove priorità, anche se incombono le elezioni amministrative e i referendum. È paradossale sentire voci di crisi di governo sul catasto o sulle concessioni balneari mentre l’Europa ha la guerra in casa, con la messa in discussione dell’intero quadro geo-politico. La vasta partecipazione popolare alle iniziative di pace, la grande solidarietà verso il popolo ucraino esigono di essere accompagnate da istituzioni salde e compatte, consapevoli che la tempesta non sarà breve, perché si è aperta una nuova fase nella storia dell’umanità.
L’appello di Papa Francesco a una nuova scala di valori è più che mai attuale.