(Susanna Porrino)

Viviamo una realtà in cui i giovani sono educati alla paura e alla diffidenza rispetto agli aspetti relazionali e della vita fin da giovanissimi.

Abbiamo conosciuto e ci siamo formati in un modello di società orientato al successo e ad una sicurezza stabile, che si scontra in maniera fragorosa con le imperfezioni e con la mancanza di garanzie infrangibili che derivano dalla condizione umana; la fiducia è diventata un valore discutibile e poco raccomandabile, poiché significa farsi carico e scommettere sulle tante lacune e fragilità di ciò che ci circonda e che nasconde in sé la possibilità di ferire.

Fin dalla giovane età i ragazzi sono spinti senza alcuna preparazione verso esperienze che richiederebbero una delicatezza e un buonsenso che si acquisisce solo nell’età adulta, senza alcuna cura allo sviluppo di spazi in cui si sviluppi un’individualità, in cui si impari a stare bene con se stessi prima che con gli altri e a relazionarsi con i limiti e le imperfezioni proprie e altrui.

La vita ideale funziona secondo le dinamiche del “tutto e subito” di una realtà che sacrifica l’equilibrio e la conoscenza di sé e del mondo all’illusione di poter correre più velocemente del tempo che scorre.

Ma il termine dell’adolescenza giunge così spesso piegato sotto il peso della durezza di immagini ed episodi vissuti in un momento troppo precoce, con una speranza sfiorita e delusa dal confronto con troppe esperienze mal gestite e con una totale ignoranza e incapacità di guardare alla realtà in maniera sana e positiva.

La conoscenza e i rapporti hanno spostato la loro base su una serie di meccanismi o tecniche in cui quello che dovrebbe essere una dinamica di reciprocità e accoglienza aperta e continua si trasforma in una competizione chiusa per mantenere intatto il proprio primato e invadere il meno possibile la sfera interiore in cui effettivamente si muove la personalità del singolo, ma a cui il confronto con l’altro riesce ad apportare ben pochi frutti, spogliati della gratuità di cui dovrebbero rivestirsi i rapporti umani.

L’equilibrio viene mantenuto in maniera barcollante fino al momento in cui non va a infrangersi contro la paura o il rifiuto di investire una parte consistente di sé in assenza di una sicurezza assoluta e irraggiungibile.

Spesso a spaventarci nel confronto con gli altri è soprattutto il confronto con la condizione umana che noi stessi tentiamo di limitare e perfezionare lungo tutto il corso della nostra vita: sotto qualunque aspetto ci vengono ogni giorno offerti modelli di perfezione irreali e irraggiungibili da cui crediamo di non poterci discostare.

Tuttavia, è anche accogliendo la dimensione del rischio che si ritrova in una relazione aperta e autentica con l’altro che impariamo a conoscerci più a fondo, scoprendo nei nostri limiti i sorprendenti punti di partenza per un’esperienza di vita più ampia e reale.