Più di 1 insegnante su 4 è a favore dell’istituzione di classi speciali: sono allarmanti i risultati dell’indagine Erickson attorno al tema “Le voci dell’inclusione” che domani aprirà il convegno “La qualità dell’inclusione scolastica e sociale” a Rimini, dove esperti della scuola, del mondo della disabilità e della società civile si interrogheranno sul futuro degli studenti con disabilità o con neuro diversità.

Sebbene in Italia, dal 1975, molto sia stato fatto per garantire non solo l’accesso alla scuola ad ogni studente – ma anche per permettere crescita e competenza nel sapere, umanità e capacità di accoglienza delle differenze di ognuno –, oggi su questo versante la scuola italiana ha delle evidenti difficoltà. I numeri e le criticità che gli studenti presentano non sono gestite appieno nella maggior parte delle classi perché includere non significa solo permettere ad uno studente con disabilità di accedervi, ma di poter frequentare al meglio ogni ambito garantendogli il migliore apprendimento umano, esperienziale e di conoscenze.

La scuola deve far fronte alla adeguata formazione dei docenti, alla copertura delle cattedre già a inizio anno, al limitato rapporto con gli specialisti dei servizi socio-sanitari quali ponti tra famiglie e scuola.

Ci sono molte spinte a tornare alle classi differenziali, a suddividere gli studenti per competenze e capacità, e troppo spesso, qualche adulto nella scuola sottolinea che il programma procede a rilento per garantire la comprensione di tutti; come se la scuola dovesse solo occuparsi di procedere con un programma nozionistico senza contribuire a modellare dei cittadini capaci di processi di pensiero critico e di analisi dei contesti di vita.

Con questa visione, invece di promuovere il dibattito ed il confronto sulla società del passato, del presente e del futuro, la scuola rischia di diventare una sterile officina in cui si inseriscono nella testa degli studenti valanghe di nozioni che essi apprendono senza alcun interesse o passione, rinunciando a trasferire una vera passione verso la conoscenza e preferendo focalizzarsi solo sulla prestazione finale che premia chi ripete, da buon pappagallo, quello che è riportato nel libro o che ha spiegato l’insegnante.

La mancanza nella capacità di sostenere un confronto, la deriva vandalica di molti giovani a cui assistiamo impotenti, la scarsissima competenza emotiva e l’aumento della sofferenza psicologica e psichiatrica nei giovanissimi è anche frutto di una scuola che non riesce a cogliere le sfide dell’accoglienza, che non si spinge e non si interroga verso un nuovo modo di dialogare con l’altro se non chiudendosi, settorializzando e parcellizzando, contribuendo a creare cittadini di serie A e B.