(Editoriale)

Non da oggi si sa e si dice che certi lavori gli italiani non vogliono più farli. Le generalizzazioni non vanno mai bene, ma è statisticamente provato che la situazione è tale.

La globalizzazione ha toccato anche il mondo produttivo e del lavoro; c’è chi va e c’è chi viene per cercare lavoro in condizioni, competenze e salari più aderenti alle proprie aspettative. Metter piede nel mercato del lavoro diventa più complicato davanti ad una certa resistenza ad accettare posti dove i week end sono occupati, così i festivi, gli orari notturni o poco favorevoli. Sui social molti hanno invitato gli imprenditori a dare salari e proporre contratti giusti e migliori, in mancanza dei quali i lavoratori non si trovano.

Per le nuove leve paiono poco graditi i lavori in edilizia, agricoltura, allevamento, panificazione, tessile, pulizia e sanità. Se non ci fossero gli stranieri, sostengono gli esperti, molti lavori scomparirebbero. Sembra esserci un cambiamento di rotta nel settore colf, badanti o assistenti familiari che dir si voglia; figure letteralmente snobbate dagli italiani negli anni passati, se non in rari casi.

A causa dei mutamenti socio-economici e demografici in corso, queste figure – secondo un’anticipazione del Rapporto 2021 sul lavoro domestico redatto dall’Osserva-torio DOMINA su dati INPS – sono aumentate del 41%; le donne straniere continuano a rappresentare il 67% ma sono triplicate le badanti italiane passate da 36mila a 106mila, cioè il 24,3% del totale del settore.

Ampio il divario d’età tra italiane e straniere e ancor più ampio sull’orario medio settimanale: le italiane lavorano mediamente 22,7 ore settimanali, contro le 38,3 ore delle straniere. Questo lavoro entra piano piano tra le scelte professionali delle famiglie italiane, sostengono a DOMINA. Se con lo sblocco dei licenziamenti post pandemia non c’è stata la tanto temuta e così definita “macelleria sociale”, dall’altro lato le nuove assunzioni propongono posti di lavoro “fragili”, del terziario, che si rilancia ma assume a termine, a stagione.

Nel momento ancora di incertezza il contratto indeterminato resta sovente un miraggio; a fronte di oltre 70mila posti di lavoro che in questo momento non trovano persone ad occuparli.

Dove sta l’inghippo? Nella relazione tutt’ora vecchia tra scuola e lavoro, che pena a sganciarsi da formule obsolete che non favoriscono lo sviluppo dell’una e dell’altro. Con buona pace del Reddito di Cittadinanza.