Cresce la distanza tra le indicazioni istituzionali del Quirinale e l’azione concreta dei big della politica. Mattarella, anche nel recente incontro con Leone XIV, ha insistito sulla promozione del bene comune, sulla ricerca del dialogo tra diversi, sulla difesa delle istituzioni democratiche da parte di tutti, maggioranza e opposizione; obiettivo comune: la crescita del Paese, nella giustizia, nella solidarietà, nella pace. Nella vita politica va invece in scena un modello americano bipolare, di scontro continuo, texano, secondo l’indicazione di Trump: “Odio i miei avversari!”.
Dall’assemblea dell’ONU la premier Meloni ha accusato l’opposizione di stare con Hamas per il voto di astensione sul piano Trump per Gaza; in precedenza un suo ministro aveva paragonato le minoranze alle Brigate rosse. Di rimando la segretaria Pd Schlein, dall’Olanda, ha parlato di rischio in Italia per la democrazia e per la libertà di parola (anche in riferimento all’attentato al giornalista tv Sigfredo Ranucci); il segretario della Cgil Maurizio Landini ha accusato, in tv, la Meloni di essere una “cortigiana” (alias prostituta).
Nel clima di campagna elettorale permanente (tra un mese si vota in Campania, Puglia, Veneto) le forze politiche “americanizzate” sembrano lontane dallo spirito della Costituzione repubblicana, che assegna il primato allo sviluppo delle istituzioni democratiche, con un ruolo di servizio dei partiti. Alcuni media attribuiscono la “svolta muscolare” ad una valutazione opportunistica del crescente astensionismo: i due Poli punterebbero a radicalizzare gli elettori con posizioni dure per indurli alle urne, presentando l’avversario come un “nemico”, non un competitore previsto dalle regole democratiche.
Negli stessi partiti e nelle forze sociali si è tuttavia aperto un dibattito, di contenuto diverso, che contesta la linea dell’odio. Un autorevole esponente dell’area cattolico-democratica, il professor Ernesto Maria Ruffini, nel confermare la nascita pubblica del suo movimento (“Più uno”) ha precisato che saranno gli astensionisti i suoi primi interlocutori, perché la democrazia vive sulla partecipazione, non sulle minoranze agguerrite. Punterà sulla linea del dialogo, della giustizia, del primato della persona, con una rivisitazione dei programmi del cattolicesimo democratico e del movimento socialista e post-comunista.
Anche nel convegno dei sindaci del “campo largo” è risuonato il richiamo ad una politica di centro-sinistra (non sinistra-sinistra), in particolare nell’intervento della sindaca di Genova, Silvia Salis. C’è preoccupazione inoltre per il voto in Campania, dopo il rischio prospettato dal sindaco di Benevento, Clemente Mastella, di recupero della destra per il continuo scontro tra il Governatore uscente, De Luca, e il candidato presidente, il pentastellato Fico. Tra i Grillini la rottura Conte-Appendino fa presagire nuove defezioni in quella parte di elettorato che non gradisce, tra l’altro, la scelta europea del M5S con l’estrema sinistra.
Nel Polo di governo la vera rottura sta avvenendo nella Lega, con il nord dei Governatori che non accetta la linea di estrema destra del generale Vannacci (filo-Putin e anti-europea). La mediazione di Salvini è sempre più difficile. Il leader leghista, con l’altro vice-premier Tajani, si distingue poi per i continui litigi sulle scelte del Governo, dalle tasse su banche e assicurazioni agli affitti. L’impressione è che i due vice-premier cerchino di segnalare alla premier la loro insofferenza per il suo crescente potere. Ma anche in Fratelli d’Italia il ministro Crosetto si caratterizza per la sua critica alla posizione destra-destra della Meloni; anche su Gaza ha indicato la via del dialogo, senza forzature.
L’alternativa politica è tra uno scontro perenne destra-sinistra o un confronto costruttivo tra centro-destra e centro-sinistra, nell’interesse del Paese e delle istituzioni democratiche. Una “guerra” di due anni, di qui alle politiche, non è un bene per la società italiana, non incline al metodo Trump. Per questo il Presidente Mattarella, pur inascoltato, è il più gradito nei sondaggi di opinione: perché dal Quirinale lavora al servizio di tutta la Repubblica, non di una sola parte.


