Autunno tempo di cambiamenti con il ritorno alle attività della città. I colori iniziano a cambiare, la natura fa il suo corso anche se il tempo regala bizzarrie d’estate lunga. Nel Tirreno in una spiaggia ancora aperta, campeggia un calendario che conteggia i giorni rimanendo ancora nel mese di agosto. Oggi per loro è il 65 agosto. Però noi abbiamo visto la neve nei giorni scorsi sulle montagne e quindi siamo molto più fortunati rispetto agli schiavi della balneazione!

Il tran tran dei giorni autunnali ha visto la città felicemente invasa dai giovani studenti, e dai lavoratori automuniti, in questi giorni i “dannati di Ivrea”. Se Leonardo da Vinci fosse ancora vivo tornerebbe a studiare questa città per via del suo incomparabile genio locale (genius loci!). Di certo sappiamo che fu ad Ivrea tra l’estate e l’autunno del 1489 e si mise a disegnare due cose: il Monbarone, su cui voleva, ma forse non ebbe il tempo, formulare un pensiero e la presa del Naviglio di Ivrea con una interessante digressione fisica su un ponte-canale a tre archi attraversato da una barca. Leonardo da Vinci, all’epoca ingegnere di Ludovico il Moro si era spinto in città per ammirare il canale che scollinava la cerchia delle alture che racchiudono l’anfiteatro morenico per arrivare a Vercelli. Il canale servì per portare merci e persone, voluto proprio in quegli anni da Bianca di Monferrato, moglie del duca di Savoia Carlo I.

Quello che non dice il Codice Atlantico al foglio 211 v-a, conservato alla Biblioteca Ambrosiana di Milano, pare sia stato recentemente scoperto in un cassetto antico del Municipio di Ivrea. Ebbene Leonardo notò che la circolazione a senso unico della città dei carri e delle carrozze forniva un buon scorrimento per girare intorno al centro più antico. Di fronte all’attuale via Palestro venne posto un nuovo ingegno circolare rotatorio collegato per mezzo di cinghie e pulegge al mulino della città: tutti i carri che passavano di lì si agganciavano all’ordigno rotatorio e imprimevano un po’ di quella forza necessaria per farlo girare, poi scelta la strada da percorrere, si sganciavano con un automatismo. Questo flusso creava una considerevole forza al mulino.

Nessuno sa che Leonardo, prima di lasciare la città, vide – atterrito – restringere la carreggiata e aumentare il diametro del gran mulino per aumentare l’energia da imprimergli. Se un carretto con due persone a bordo ci impiegava 15 minuti a girare intorno alla città, adesso ne impiegava 30 o 40. Leonardo lasciò precipitosamente Ivrea che di li a poco fu occupata dagli spagnoli giunti per sedare le rivolte dei carrettieri e impedire ai francesi – veri inventori delle rotonde – di prendere il sopravvento in Canavese. Ma tranquilli, parliamo di cose molto antiche… Leonardo non scrisse nulla sul Monbarone perché era fuggito su un barcone che solcava il Naviglio di Ivrea per Vercelli e da lì a Milano.

Fabrizio Dassano