(Cristina Terribili, psicologa-psicoterapeuta)

ROMA – Ci sono settimane intense di eventi, troppi fatti accaduti ed è impossibile non dedicare un pensiero a quelli che maggiormente si affollano nella mente.

Il primo pensiero va ai libri: quelli bruciati a Roma con l’incendio doloso alla libreria La Pecora Elettrica; quelli sotto l’acqua della Libreria Acqua Alta di Venezia; quelli messi in salvo a Pisa, nella Biblioteca della Scuola Normale, dove gli studenti che si sono organizzati, in un tam tam spontaneo e responsabile, per liberare i piani più bassi degli scaffali in vista della piena dell’Arno. E così, nel giro di pochi giorni si passa da chi disprezza la cultura a chi mostra di riconoscerle un valore al di là del tempo, al di là del proprio bisogno.

E questo mondo spaccato lo ritroviamo nei commenti di chi, vedendo Venezia sotto l’acqua, prova un senso di terrore per quelle opere d’arte che rischiano danni enormi e spera che il vento cambi in fretta, visti i fallimenti degli interventi “umani”. Di contro c’è chi scrive che Venezia non merita alcun aiuto, visti i prezzi dei caffè a Piazza San Marco e trova, in quella strana creatura che è la rete, chi condivide, forse l’invidia, di non poter abitare in una delle più belle città del mondo.

Il secondo pensiero è per la giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e per la Convenzione Onu sui diritti dei bambini che compie 30 anni. Giornata che si è celebrata ieri, mercoledì 20 novembre. Non si può fare a meno di sostenere l’iniziativa del Garante dell’infanzia e dell’adolescenza che chiede nei servizi per loro il rispetto di standard minimi uguali per tutti, con professionisti di comprovata formazione e preparazione.

Non sfugge però che – lo dice uno studio dell’Onu – ci sono 330mila minori detenuti per ragioni legate all’immigrazione e di questi circa un terzo lo sono negli Stati Uniti. Sembra che trenta anni di convenzione siano passati invano.

Il terzo pensiero è per la giornata mondiale dei poveri celebrata domenica scorsa. “La crisi economica non ha impedito a numerosi gruppi di persone un arricchimento che spesso appare tanto più anomalo quanto più nelle strade delle nostre città tocchiamo con mano l’ingente numero di poveri a cui manca il necessario e che a volte sono vessati e sfruttati”. Con queste parole il Papa, nel messaggio per la Giornata ha fatto un parallelo tra “la condizione del povero e l’arroganza di chi lo opprime”, affermando poi che “restituire la speranza perduta dinanzi alle ingiustizie, sofferenze e precarietà della vita”, è il nostro compito oggi.

Save the Children fa sapere che “in Italia oggi più di 1,2 milioni di bambini e ragazzi vivono in povertà assoluta, senza il necessario per condurre una vita accettabile e con gravissime ripercussioni sul loro futuro, anche in conseguenza delle gravi privazioni in termini di opportunità educative, un numero triplicato negli ultimi dieci anni”.
Preoccupa il pensiero che si fa strada, ossia che essere poveri sembra diventato un reato.

Il quarto pensiero va alla giornata contro la violenza sulle donne che si celebra lunedì prossimo 25 novembre.

Dobbiamo riflettere sul fatto che la violenza perseguita sempre una vittima, nel pensiero che solo a tratti si distoglie dalla mente, ma soprattutto con la consapevolezza che, quando l’autore della violenza ritorna in libertà, non è detto che abbia completato un percorso teso a comprendere il danno fatto. Se un criminale non è assicurato alla giustizia siamo sempre tutti in pericolo. La rete fatta di persone che si stringono intorno a chi è fragile, ha il potere di salvare molte vittime.

Ci resta comunque l’opzione di tirare diritto, oscurando messaggi e pensieri che non ci appartengono; un po’ come nella favola del ranocchio che, malgrado i commenti negativi di tutti, arriva al termine della gara perché sordo.