L’ospedale è luogo affascinante e drammatico. Se ne può aver fatta esperienza personale, ma oggi ne siamo quotidianamente partecipi attraverso i media e le serie televisive, che trovano, proprio tra corsie, ambulatori, sale operatorie e reparti di cure intensive, set di grande successo.
Attraverso i media spesso entriamo in situazioni che fino a pochi anni fa erano lasciate alla intimità tragica e drammatica delle persone. Le vicende di Charlie Gard e dei suoi genitori Christopher e Constance, di Alfie Davis e papà Tom e mamma Kate, diventano notizie virali che pongono interrogativi drammatici. Che cosa è la vita? Di chi è la vita? Perché il male e la malattia? Cosa vuol dire essere genitori in situazioni simili? Quale è il compito vero del medico e quale è il limite tra la legge e la libertà personale?

Anni fa una mamma scrisse a Papa Benedetto di suo figlio Francesco che si trovava in stato vegetativo in un piccolo ospedale del varesotto: “Santità dove è l’anima di mio figlio?”. “Cara mamma, certamente l’anima è ancora presente nel corpo. La situazione, forse, è come quella di una chitarra le cui corde sono spezzate, così non si possono suonare. Così anche lo strumento del corpo è fragile, è vulnerabile, e l’anima non può suonare, per così dire, ma rimane presente. Io sono anche sicuro che quest’anima nascosta sente in profondità il vostro amore, anche se non capisce i dettagli, le parole, eccetera; ma la presenza di un amore la sente”.

L’ospedale, luogo dove c’è chi, con tutte le forze, si attacca alla vita e c’è chi, sfinito, la vuole lasciare. Luogo di straordinari atti di sacrificio per la salute dei pazienti, ma anche di carrierismo e ambizione senza scrupoli. Luogo di crimini, vigliaccheria, passione ed eroismo.
La vita in ospedale è fatta delle nobiltà e delle miserie delle persone, come raccontato magistralmente da Maxence Van Der Meersch nel suo capolavoro, il romanzo Corpi e anime. L’ospedale, come pochi ambienti, mette a nudo la natura dell’uomo, posto di fronte alla realtà del dolore e al mistero della vita e della morte. L’ospedale è luogo di estrema nobiltà e di profonda miseria umana. Come Van Der Meersch non possiamo arrestarci allo scandalo del male, ma ascoltare, innanzitutto per noi stessi, la domanda gridata perché il bene, la salute e la salvezza che l’uomo cerca si manifestino qui sulla terra.

Filippo Ciantia