La pagina politica vede tre elementi di rilievo: lo stop dei Popolari alla deriva radicale del Pd, anche con la minaccia di scissione; la proposta di Fratelli d’Italia a Lega e Forzisti di dare vita al Partito Conservatore, superando le attuali divisioni; la risposta negativa di Salvini e Berlusconi che, anzi, hanno scelto la legge di bilancio per accentuare le differenze, rendendo più convulsa e confusa l’approvazione del provvedimento entro l’anno.

Partito Democratico. In un’intervista a La Stampa e in una riunione del Gruppo, il presidente dei Popolari Pierluigi Castagnetti ha apertamente contestato la linea radicale emergente nel partito, anche con la riscrittura della “carta dei valori”. Castagnetti ha ricordato le origini dei dem, nati dalla fusione tra i Ds e la Margherita, rilevando che non si possono cancellare le radici della formazione politica, pena lo snaturamento. Ha attribuito alle scelte radicali della campagna elettorale la sconfitta del 25 settembre, sottolineando con amarezza l’abbandono di vasti strati di elettorato di estrazione dc o pci. Il presidente dei Popolari non ha escluso il ritorno in competizione del Ppi qualora la linea programmatica non tornasse alle origini.
Conservatori. Nel decennale di Fratelli d’Italia l’on. Crosetto, uno dei padri fondatori, ha proposto la nascita del “Partito Conservatore”, con la confluenza di FdI, Fi, Lega, per dare più omogeneità al centro-destra vincitore alle elezioni. È un modo per superare la tradizione culturale post-fascista e per accrescere la compattezza dei Gruppi del Governo Meloni. Ma Berlusconi e Salvini hanno fatto “orecchie da mercante”, accentuando anzi le richieste di modifica della legge finanziaria, anche allungando i tempi dell’approvazione. Il tema più spinoso per la coalizione sono i rapporti con l’Europa.

Roma e Bruxelles. Per evitare rotture la Meloni ha ritirato la proposta di un tetto al Pos e ha annacquato altri temi, come le pensioni e la lotta all’evasione fiscale. Resta il nodo del Mes, il Meccanismo europeo di Solidarietà, una specie di Fondo monetario europeo con una dotazione di 700 miliardi. L’Italia è l’unico Paese europeo a non aver ratificato la riforma: Forza Italia è per il sì, Fdi e Lega sono contrari, ma la premier teme l’isolamento nel Vecchio Continente. Si parla di una possibile mediazione all’interno del Governo: ratifica del trattato che dà via libera al Mes in tutta Europa, ma rinuncia da parte italiana ad utilizzarlo. Questo renderebbe più compatta l’opposizione (Pd, Grillini, Terzo Polo), unita nel chiedere i finanziamenti per la sanità.

Sindacati divisi. Il quadro politico lacerato ha favorito anche la rottura nella triplice sindacale: Cgil e Uil hanno scioperato contro la finanziaria “che taglia ai poveri per dare ai ricchi”, la Cisl si è dissociata. Il segretario della Cgil Maurizio Landini ha compiuto un’altra svolta: per la prima volta nella storia secolare dell’organizzazione laica ha portato i quadri dirigenti all’incontro con Papa Francesco, riconoscendo il Magistero del Vescovo di Roma sul primato della persona, anche all’interno della società capitalistica.

Nel complesso emerge una società civile e politica in evoluzione, schiacciata dal rischio di recessione per l’intero 2023, con scelte rigoriste, discutibili, della BCE, ma con un buon accordo europeo sul tetto al prezzo del gas, una misura lanciata dal premier Draghi e confermata dalla Meloni nel summit di Bruxelles. Paradossalmente, ancora una volta ha votato contro l’ungherese Orban, grande alleato della Meloni e di Salvini, a conferma della confusione aperta sulle scelte di politica estera, con la mediazione impossibile tra solidarietà e sovranismo; oltre Budapest, si sono differenziate anche due capitali dell’ultra-liberismo, Vienna e l’Aja.

A sinistra invece continua il tormentone dello scandalo tangenti all’Europarlamento, anche se Letta è uscito dal silenzio con provvedimenti severi contro i dirigenti coinvolti, annunciando inoltre la costituzione in giudizio come parte lesa. Resta aperta la questione della selezione della classe dirigente, con una valutazione di moralità che dovrebbe prescindere dalla fedeltà al leader o alla corrente. Per questo la questione morale deve divenire primaria per tutte le forze politiche, economiche, sociali, per ricostituire un nuovo rapporto di fiducia con un elettorato “distante”, come testimonia il crescente ricorso all’astensione. Buon Natale!