Ci sono libri che, come la sabbia del mare quando tira il vento e le dita non sono in grado di trattenerla, scivolano inesorabilmente via, senza lasciare segno del proprio passaggio; ce ne sono altri che, in un oceano di incognite e confusione, costituiscono l’unico rifugio sicuro nel quale ritrovare nuovamente pace e tranquillità; e altri ancora che, abbattendo le barriere dell’indicibile e dell’impenetrabile, irrompono con potenza nella mente del lettore, imprimendo in essa un segno indelebile. È questo il caso del “Libro dei Baltimore”, edito da La Nave di Teseo e nato dalla penna dell’abile scrittore svizzero Joel Dicker: a tre anni di distanza dalla pubblicazione di “La verità sul caso di Harry Quebert”, best seller in Europa e vincitore del Gondourt des Lyceens e del Grand Prix du Roman de l’Academie Française, il trentunenne francofono torna a intrattenere i lettori con un romanzo che farà tenere loro il respiro sospeso fino all’ultima pagina.

Una storia che, all’apparenza, sembra infarcita di cliché e luoghi comuni: un protagonista fragile e insicuro, esponente di una famiglia umile e non troppo fuori dal comune, un ragazzino di spiccate capacità intellettive abituato a vivere nel lusso e un aitante adolescente senza genitori. A unirli, un affetto quasi fraterno, e un cognome: Goldman.
Ma proprio sotto a questa convenzionalità esteriore la mano dello scrittore si muove abilmente, giocando con la storia e con i suoi personaggi e mescolando continuamente le carte in tavola, rivelando dietro ogni vicenda un intricato gioco di luci e ombre invisibili ai protagonisti stessi.

Nascondendosi dietro alle vicissitudini della trama, Dicker porta agli occhi del lettore problematiche e temi ben più profondi, come l’invidia, la competizione, il bullismo, la fragilità dei rapporti umani, invogliandolo a riflettere: ma lo fa con una delicatezza irreprensibile, senza rischiare di intaccare in alcun modo la scorrevolezza del romanzo. In un’analisi lucida e spietata della realtà, priva di qualunque forma di giudizio o di buonismo, egli dipinge tra le pagine un quadro esatto della quotidianità che, proprio perché spoglia di qualunque forma di intervento da parte dell’autore, si configura di fronte allo spettatore come oggetto di riflessione complesso ma stimolante, che deve necessariamente essere analizzato sotto ogni punto di vista. E se poi il narratore è uomo adulto imprigionato nella sua giovinezza, da cui cerca di slegarsi ripercorrendone le tracce, lo sguardo dello scrittore si rivela persino più ampio, andando ad abbracciare pensieri ancora più alti: la soggettività dei ricordi, la forza travolgente del passato, il perenne influsso dei sentimenti – spesso contrastanti – nelle vicende di ogni giorno.

Un libro scritto nel silenzio del sorger del mattino, prima che si alzasse il sole; e che nel silenzio ha saputo schiudersi, dando vita a un romanzo imperdibile e prezioso.

Susanna Porrino