(Testo di Renato Scotti e Gabriele Bisco – Fotogallery di Davide Valle) – San Grato (V sec – 470ca.), forse di origine greca e successore del protovescovo sant’Eustasio (V sec.), fu il secondo vescovo di Aosta. Probabilmente si formò nella comunità sacerdotale fondata nel IV secolo da sant’Eusebio di Vercelli, nella cui diocesi era compreso, in origine, anche il territorio della antica Augusta Praetoria (città romana fondata nel 25 a.C. da Ottaviano Augusto da cui Aosta prese il nome).

È patrono della città e della diocesi di Aosta e le sue spoglie sono custodite, ad Aosta, in un prezioso reliquiario in stile gotico in argento e rame dorato (iniziato da Guglielmo di Locana e portato a compimento dall’orafo fiammingo Jean de Malines) situato all’interno della cattedrale.

Le notizie attendibili su san Grato d’Aosta sono relativamente poche, nonostante molto abbia scritto di lui il canonico Jacques des Cours (1268 – 1285) nella “Magna legenda Sancti Grati” composta, con fine agiografico, nel XIII secolo quando le reliquie del santo vescovo vennero traslate dalla chiesa paleocristiana di san Lorenzo alla cattedrale.

Il dibattito sulla veridicità di quanto scritto nella Magna legenda cominciò già nel XVI secolo e solo negli anni Sessanta del secolo scorso lo storico e sacerdote valdostano Aimé-Pierre Frutaz (1907 – 1980) dimostrò inconfutabilmente che la “Magna legenda Sancti Grati” fu solamente un’invenzione del suo autore.

Vale tuttavia la pena ricordare che alla Magna legenda si deve una popolare iconografia che vede San Grato raffigurato con accanto la testa di san Giovanni Battista: secondo la Legenda, infatti, il ritrovamento prodigioso in Terrasanta di tale reliquia avvenne ad opera del santo vescovo di Aosta.

È invece certo che nel 451 il vescovo Eustasio inviò in sua rappresentanza Grato, all’ora semplice presbitero, al Concilio provinciale di Milano, presieduto da sant’Eusebio di Milano (? – 462), convocato per contribuire alla soluzione della diatriba sulle due nature di Cristo – quella umana e quella divina – e condannare, su esplicita richiesta di papa san Leone Magno (390ca.  – 461), il Concilio di Efeso che nel 449 aveva accolto l’eretica dottrina monofisita (in Cristo c’è solo la natura divina che ha assorbito quella umana) predicata dal monaco Eutiche (378 – 454).

Grato appose la propria firma, per conto del vescovo Eustasio, sulla lettera inviata a papa Leone a conclusione dell’assise.

Il Concilio ecumenico di Calcedonia (451) invalidò il Concilio di Efeso del 449 (condotto con metodi irregolari e in un clima di violenza, al punto da passare alla storia come “sinodo dei ladroni” o “Latrocinio”), confermò le decisioni e le formule di fede del Concilio ecumenico di Efeso del 431 e condannò il monofisismo di Eutiche, ribadendo solennemente la dottrina dell’Incarnazione e della coesistenza delle due nature – umana e divina, «senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili» – nell’unica persona di Gesù Cristo.

Grato è un santo taumaturgo e la diffusione del suo culto nell’Italia nord-occidentale è legata alla sua protezione sui frutti della terra dalle intemperie e dai flagelli.

Oltre che in Valle d’Aosta, è molto venerato in Piemonte.

Qui, un tempo, era tradizione che delegati delle parrocchie più soggette alle tempeste e alla grandine si recassero ad Aosta con generose offerte e ritornassero con ceri appositamente benedetti: questi, in caso di necessità, venivano accesi per accompagnare preghiere di supplica a san Grato affinché le tempeste fossero allontanate o almeno placate.

Alla sua lapide funeraria era attribuito il potere di guarigione dalla lebbra: essa venne prelevata da Aosta e collocata nel lebbrosario La Maladière (costruito fra la metà del XII e l’inizio del XIII secolo) situato nei pressi di Saint-Christophe affinché i lebbrosi, sfiorandola, potessero invocare e sperare nel miracolo della guarigione.

Successivamente alla chiusura del lebbrosario (avvenuta verso la metà del XV secolo), la lapide venne collocata nella chiesa parrocchiale di Saint-Christophe dove ancora oggi è conservata.

Dal breve epitaffio inciso sulla lapide sepolcrale (“Hic requiescit in pace S. M. GRATUS EPS D P SUB D. VII ID. SEPTEMB.”) si evince la data della sepoltura di san Grato – il 7 settembre di un anno imprecisato – mentre ignota è la data della sua morte.

***

Domenica 7 settembre si è svolta a Mazzè la festa di San Grato.

Alle ore 16,30 è iniziata la celebrazione presieduta da don Enrico Triminì, parroco di Bianzè e Tronzano Vercellese con l’ausilio del diacono Paolo. 

Ha sostenuta la liturgia il coro di Mazzè guidato dalla maestra Paola Repetto e all’organo Sandro Frola; voce solista don Alberto.

Dopo la liturgia, molto partecipata, si è tenuto il rinfresco organizzato come ogni anno dalla Mariuccia dal “Peca” che, dopo un lavoro durato quasi un anno, ha realizzato centrini e fiori all’uncinetto che hanno abbellito la festa.

Ringraziamo gli abitanti del rione per aver portato dolci e salati (famose le torte del Fabrizio) e il gruppo “Maie giaune” che ha fatto il “lavoro duro”.

Ringraziamo soprattutto San Grato perché ogni anno ci chiama a riunirci a pregare con Lui.

***

Per restare sempre aggiornati sulla comunicazione pastorale proposta da www.risvegliopopolare.it, è possibile iscriversi al nostro

Canale di Whatsapp – cliccando qui –

Ciascuno di Voi (ogni persona, Parrocchia, gruppo, Ente, Istituto) può inviare corrispondenze, appunti, fotografie, brevi filmati, anche utilizzando la casella mail dedicata all’edizione web

risveglioweb@risvegliopopolare.it

 che sarà come sempre scaricata ogni giorno.

Tutti i Vostri contributi saranno subito esaminati.

 Chi preferisce potrà utilizzare whatsapp al numero

 335 8457447 

Grazie

 ***