La maggioranza di centro-destra svolge contemporaneamente due ruoli: governo e opposizione. A soli tre mesi dall’insediamento la premier Meloni, per superare questa situazione confusa, ha rivolto un richiamo a Forza Italia e alla Lega per una maggiore solidarietà.

Lo scontro aperto è avvenuto con Berlusconi che, sulla vicenda della benzina, ha accusato Palazzo Chigi di vari errori, chiedendo il ripristino delle agevolazioni varate da Draghi. Salvini è rimasto silenzioso, ma la Lega ha aperto tre fronti: con il capogruppo alla Camera Montanari ha posto l’aut-aut sulla riforma Calderoli dell’autonomia regionale (“Va approvata prima del presidenzialismo”); con il responsabile economico Borghi ha respinto l’ipotesi di ratifica del trattato europeo sul Mes (il meccanismo di solidarietà); con gli interventi alle Camere sul conflitto Russia-Ucraina ha chiesto di tenere conto delle posizioni di Putin.

La Meloni ha difeso le scelte sulla benzina con la necessità di non aggravare il deficit pubblico, sorvegliato speciale da Bruxelles. Contro Calderoli è sceso in campo l’ex Presidente di Alleanza Nazionale, Fini: cifre alla mano, ha rilevato che la tesi del Carroccio raddoppierebbe nella sanità la spesa per la Lombardia, dimezzando al contrario quella, già minore, per la Campania. Sul Mes Palazzo Chigi difende la “ragion di Stato”: non isolare l’Italia dal contesto europeo. Le fibrillazioni tuttavia restano in campo, immutate.

Il conflitto all’interno del Governo sembra avere tre motivazioni: l’eterogeneità delle coalizioni, fatte per vincere le elezioni, con programmi diversi; l’assenza politica, clamorosa, delle forze di opposizione, in guerra tra loro; la diversità oggettiva tra le promesse in campagna elettorale e la responsabilità di governo.

Coalizioni deboli. La vittoria di Fratelli d’Italia ha lanciato la Meloni a Palazzo Chigi, mentre gli sconfitti Berlusconi e Salvini tentano la rivincita. La prova del nove della conflittualità sta emergendo dal voto regionale in Lombardia: uniti nel sostegno al Governatore Fontana, FdI e Lega sono avversari nella ricerca del primato per la lista in Consiglio. Contemporaneamente “amici” e “nemici”.

Promesse e realtà. C’è una differenza abissale tra i programmi elettorali e le possibilità concrete di spesa consentite dal bilancio dello Stato: questo vale per la sterilizzazione delle accise contenuta nel programma di FdI, per le pensioni a mille euro annunciate da Berlusconi, per l’autonomia del Nord chiesta dalla Lega. Come ricorda spesso il Presidente Mattarella, il futuro del Paese è nella fedeltà alla scelta europea. E Bruxelles non fa sconti, dovendo già controllare l’attuazione dei fondi del PNRR.

Opposizione assente. È il fatto più clamoroso della nuova legislatura. M5S, Pd, Terzo Polo procedono in ordine sparso e in conflitto, lasciando il “campo largo” alla maggioranza. Emblematico il voto regionale: a Roma, dopo una Giunta Pd-M5S guidata da Zingaretti, l’ex premier Conte ha scelto la corsa isolata, rendendo impossibile il successo dell’alleanza Pd-Terzo Polo; a Milano, invece, i Dem e i Pentastellati corrono insieme, isolando la candidatura centrista di Letizia Moratti. Come l’Italia di Arlecchino.

Conte, Azione e Italia Viva guardano ormai alle elezioni europee dell’anno prossimo, puntando a rosicchiare voti al Pd; i Pentastellati sperano di divenire il primo partito a sinistra, i Centristi – che hanno stipulato un patto federativo con i Radicali della Bonino (ma il programma non è ancora noto) – intendono raggiungere un risultato a due cifre.

Il Pd è ancora impegnato nelle primarie del 26 febbraio: i sondaggi danno in testa il presidente dell’Emilia Romagna, Bonaccini, con venti punti di vantaggio sulla verde-radicale Schlein; a suo favore, su una linea riformista, si sono schierati ampi settori degli ex Ds, con l’ultimo segretario Fassino, e dei Popolari, con gli ex ministri Delrio e Guerrini (dissenziente Franceschini, sulla linea radicale). Il dibattito ha fatto emergere due visioni molto differenti di società: sarà un compito impegnativo per il nuovo segretario mantenere l’unità del partito, difendendola contestualmente dalle incursioni a sinistra dei Grillini e a destra dei Centristi.

La politica, divisa, si è unita al plauso alle istituzioni per l’arresto del boss mafioso Matteo Messina Denaro: un riconoscimento doveroso a Magistrati e Forze dell’Ordine.