(Editoriale)

Dobbiamo accettare di essere tutti educati all’uso degli strumenti, soprattutto quelli della comunicazione tecnologicamente più avanzati.

Le buone intenzioni non bastano per renderli efficaci. Bisogna saperli usare, e per questo esistono gli esperti che insegnano come evitare di vanificare gli sforzi e come leggere gli effetti e i risultati che gli strumenti producono. In questi tempi di pandemia i social hanno reso un grande servizio ai singoli, alle famiglie, alle comunità, alle istituzioni… ed oggi i social mostrano in modo ampio i segnali di insofferenza che sempre di più si manifestano tra i giovani che – usandoli – sperano di essere più visti e ascoltati.

Nei giorni scorsi abbiamo visto insofferenze manifestate “civilmente” e altre con l’uso della violenza. Tra i giovanotti protagonisti c’è chi cerca dialogo, ascolto, interlocuzione con gli adulti, e c’è chi si sfoga e si confronta rabbiosamente dando la misura di una grande inquietudine. V

iene a galla il bisogno dei giovani non più procrastinabile di re-incontrare gli altri, ri-vivere insieme, ri-crearsi, passeggiare, praticare lo sport, darsi appuntamento, ritrovare tempo e spazi per sperimentare il proprio mondo e capirne anche i limiti. C’è una ferita aperta, quella del distanziamento personale, che va rimarginata in tempo per non lasciar sbandare una generazione. Istituzioni e società civile sono interpellate per cercare una risposta. Certo, ci vuole coraggio ed iniziativa.

Anche il giorno della Memoria, ieri 27 gennaio, si è sviluppato molto sui social. “La Shoah non va dimenticata”.

Nell’Enciclica “Fratelli tutti” Papa Francesco è perentorio. Non servono giri di parole quando la malvagità umana, fomentata dall’ideologia, schiaccia fino alla distruzione la dignità della persona. Il Papa indica un percorso: allacciare sempre alla memoria tutto ciò che avviene, perché non si ripetano gli errori del passato.

Non da meno il Presidente della Repubblica: “La Costituzione Repubblicana, nata dalla Resistenza, ha cancellato le ignominie della dittatura. Ma non intende dimenticarle. Non vanno dimenticate”.

Senza memoria, non c’è identità.