(Filippo Ciantia)

I nuovi strumenti di comunicazione sono considerati vere e proprie diavolerie. Per molti essi ci rendono schiavi, ci isolano e portano ad una forma grave di narcisismo. Nonostante tutto questo, restiamo attaccati allo smartphone per parecchie ore al giorno; poi c’è il personal computer, strumento di lavoro; e un po’ di musica con l’iPhone non si nega a nessuno… Come nell’utilizzo di tutti gli strumenti a nostra disposizione, soprattutto se potenti o tecnologici, serve l’esercizio di due virtù: il dominio di sé e il senso del destino.

Navigando sulla rete, mi è capitato di leggere una breve testimonianza di don Gerry, apparsa sulla newsletter della Fraternità sacerdotale San Carlo. In una breve e toccante narrazione il sacerdote racconta della sua esperienza con “Mr. Parkinson”, che “fa parte della sua comunità parrocchiale a tutti gli effetti”. Infatti, non lo lascia mai e costringe tutti a donare tempo per aiutarlo a svolgere le normali attività della giornata.

Eppure, ogni azione dei confratelli nei suoi confronti, dall’infilargli le scarpe o i calzini a legargli il bavaglio perché non si sporchi, viene descritta come “segno reale dell’accoglienza e dell’amore di Cristo in persona”. Soprattutto, la compagnia di “Mr. Parkinson” lo ha reso capace di incontrare tante persone malate che in lui ritrovano una speranza solida.

Sono rimasto impressionato dalla letizia di questo sacerdote, e così ho letto questa testimonianza ad Emilio. Dopo un po’ di silenzio, mi ha chiesto di scrivere una lettera a don Gerry, utilizzando i mezzi che la rete ci offre. Poche semplici parole via mail, che esprimevano la simpatia e la comune partecipazione ad una prova che rende tutto più difficile e costringe alle domande più profonde: ”Perché io?”.

Dopo due settimane è arrivato un messaggio vocale di don Gerry attraverso WhatsApp. Grazie alla tecnologia e a “Mr. Parkinson”, due perfetti sconosciuti sono diventati amici, scambiandosi parole che possono essere pronunciate solo in amicizie di lunga data.

“Mr. Parkinson è un rompiscatole, ma alla fine, se ci pensi, è anche un angelo, perché pian piano tutto quello che noi offriamo, Gesù lo prende. Ed è proprio Mr. Parkinson che porta questo dono a Gesù, che, così, non ci lascia mai soli”.