…essere persone mature che hanno già abbondantemente dato analogicamente sul lavoro, non è che sia tutto sempre il massimo della vita. Questo fenomeno così “rivoluzionario” e globalizzante, spesso spacciato per panacea di tutti i mali, risolutore dell’ingolfamento delle pratiche davanti a sportelli di fantozziana memoria, fa riflettere. Mi sento obsoleto, e a volte credo di essere un po’ scemo, anche.

Dunque, ricapitoliamo. Devo istruire una pratica presso una pubblica amministrazione. Da quest’anno cambia tutto: ricevo fiducioso un link sul telefonino, che essendo “…ino” non è che abbia uno schermo grosso come una lavatrice. In più col tempo sono diventato presbite e miope e gli occhiali fanno quello che possono.

Per prima cosa, arrivo a casa, mi rilasso facendomi una bella doccia. Insomma mi preparo con quel misto di timore e baldanza che avevo prima degli esami di maturità. Scendo al computer e accendo il mostro. Quindi sulla barra degli indirizzi trascrivo rapidamente (in circa 13 minuti) l’indirizzo che ho sul telefonino. Niente da fare. Alla quinta volta schiaccio il link sul telefonino e la pagina delle istanza on line parte magicamente. “Allora – mi dico – lo faccio sul telefonino!”. Ma è che i campi da riempire sono molto piccoli e diventano incompleti se ingrandisco l’immagine. Parte la prima raffica alzo zero di improperi (tanto sono solo in casa).

Mi dico di stare calmo, di ricopiare attentamente ogni carattere alfanumerico e speciale del link lungo 20 centimetri. Ho tutta la calma del caso. Faccio bei respiri lunghi. In fondo la macchina è stupida, sono io che devo dargli informazioni intelligenti! Niente da fare! Il link sul computer non funziona. Ma come è possibile? Ingrandisco il link di modo che vedo ogni singolo carattere alto 4 centimetri. Ancora non va…

Fa caldo oggi, sudo per il caldo. Il labbro mi si alza e scopro i denti. La Penny-cane mi osserva. E si entra nella paranoia del tempo perso: un altro quarto d’ora. Ma perché? Devo ancora iniziare e non sono ancora dentro al portale dell’istanza. Mi fermo, guardo con invidia la cagnolina, lupide che non conosce le gioie del cloud… ignara di ciò che conta nella vita. Allora uso un motore di ricerca, astraggo tre vocaboli correlati a quel sito. Trovato! L’intelligenza umana non ha davvero limiti per me! Entro nella pagina finalmente, apparentemente è come un foglio in bianco con delle striscioline color salmone che sono i campi. Compilo e compilo, poi devo caricare un file di documenti. L’ho solo su carta.

Telefono se posso passare nel loro ufficio, sono a 5 minuti di macchina, ma è troppo tardi, non c’è più nessuno, dovevo telefonare subito, all’inizio, maledizione! Accendo lo scanner, ma il collegamento wifi non va. Perché, mi domando, è mancata la corrente, è da tanto che non lo uso, che forse s’è persa la password per la connessione? Armeggio e dopo un buon quarto d’ora finalmente funziona. Scannerizzo, faccio un file che mi esce in jpg. Controllo che si apra. Riprendo la compilazione e carico il file. Ecco, tutto si ferma. Girano solo delle palline azzurre in cerchio nel centro dello schermo.

Respiri molto lunghi. Scarsa salivazione. Mi levo la camicia. Sono in canottiera per il caldo. Fisso le palline che girano e mi chiedo perché non sono nato nel 1763. Attendo, pensando che avrei volentieri lavorato in un circo e vissuto su un carrozzone. Improvvisa sventagliata di parole poco eleganti. Il cane si volta dall’altra parte. Tento di uscire dalla schermata. L’interfaccia umana del mio pc non risponde, la mia faccia invece si contorce in una smorfia di rabbia.

Riesco ad aprire un’altra pagina internet, ricompilo l’istanza da capo e ricarico il file: altre palline che girano. Immagino con voluttà un bombardamento di napalm sui server al Circolo Polare Artico e la civiltà che torna ai tempi primordiali della carta e della penna e del dialogo allo sportello.

Poi si sblocca. Ma no, non devo pensare sempre male in fondo. Finisco di compilare, è fatta, leggo le istruzioni, aderisco a tutto e autorizzo tutto, in questo momento anche all’espianto immediato degli organi, finalmente al fondo compare il tasto verde. “Invia”. Evvai!!! Clicco lì e il laido sistema mi torna in alto. Su un campo. Il campo del file che ho caricato. Perché? Nessun altra indicazione. Torno al fondo e riclicco e lui mi sputa in alto, su quel campo. Esploro tutta la pagina che sarà lunga 70 centimetri: nessuna indicazione d’errore.

Allora penso a quando ero bambino che non sapevo andare sulla bicicletta senza rotelle, e poi ero riuscito insistendo; poi penso a quando ero adolescente e c’erano le giostre dei dischi volanti alla festa del paese e che mi davo un gran da fare ad abbattere gli altri, ma vincevano il giro gratis sempre le belle ragazze.

Torno allo scanner e rifaccio la scansione questa volta in pdf. Rifaccio tutto, proprio tutto. Schiaccio il tasto verde. Arrivano numerosi messaggi di accoglienza delle mie cinque (!) istanze. Verso le 23 un ultimo messaggio che annulla tutte le istanze, meno una che è valida (speriamo!).