(Cristina Terribili)

A vent’anni dalla prima, il 25 ed il 26 giugno scorsi si è tenuta la Seconda Conferenza Nazionale per la Salute Mentale col titolo “Per una Salute Mentale di Comunità”. L’Organizzazione Mondiale di Sanità ci sprona a pensare alla salute mentale come condizione per lo sviluppo sociale di ogni comunità, per ribadire l’importanza delle scelte della politica per le politiche sulla salute mentale (il gioco di parole è voluto), e per rispondere ai bisogni dei cittadini con servizi di qualità.

Diritti, sviluppo, equità, giustizia, passano per la salute mentale, perché il corpo non è mai staccato dalla testa, perché il benessere è un concetto inclusivo e l’inclusione è elemento che coinvolge l’intera comunità. La lettera che papa Francesco ha inviato agli operatori della Conferenza riassume nella “cura integrale della persona” quella sinergia tra professionalità, conoscenza scientifica, umanità e tenerezza, essenziali per avvicinarsi a chi soffre.

Ci sono difficoltà ad intervenire prima che le malattie mentali diventino croniche. Il costo sociale quando la malattia mentale diventa cronica non solo è altissimo ma rimanda ad un fallimento di quella rivoluzione che Basaglia e il suo gruppo avevano promosso, che Di Liegro aveva allargato a tutte le nuove marginalità e per le quali sono nati tanti servizi di cura territoriali. Sinergia tra servizi, professionalità, conoscenze scientifiche e soprattutto evidenze dei percorsi di cura devono farci prestare più attenzione all’intervento psicologico e psicoterapeutico, capace di offrire quella consapevolezza e quella gestione del sé che il solo farmaco non è capace di garantire.

Il farmaco sarà capace di attenuare l’ansia, di far sentire meno le ombre della depressione, di attutire quelle voci interne che agiscono negativamente nella persona che le ascolta; non fa emergere però i motivi per cui, in determinate situazione l’ansia cresce tanto da paralizzare, la depressione arriva e impedisce lo svolgimento delle attività quotidiane.

La malattia mentale non si sceglie, si soffre; ha un esordio che va riconosciuto tempestivamente e necessita di un territorio capace di comprendere e di accogliere senza ghettizzare o stigmatizzare. Ed è diritto di ognuno poter conoscere e avere accesso alla propria mente, avere la possibilità di conoscersi e di perdonarsi le proprie debolezze, rafforzare le proprie risorse per garantirsi la migliore vita possibile. Il cambiamento che offre la psicoterapia è l’unico sostenibile a lungo termine.

In un percorso virtuoso la presenza di tutti è indispensabile, la comunicazione tra le parti deputate al sostegno della persona fondamentale, i servizi territoriali devono essere efficienti, di facile accesso, competenti. Chi lavora nei servizi territoriali deve uscire dall’ufficio ed immergersi nella realtà, spesso difficile, della persona malata e della sua famiglia.

Il sostegno psicologico, il percorso psicoterapeutico va garantito a tutti, deve diventare condizione essenziale per accedere alla farmacoterapia, perché si vogliono delle persone libere e non persone dipendenti, patologicamente, da una sostanza.

Se alla salute mentale concediamo il rispetto e la considerazione che merita, i costi affrontati per sostenerla saranno fonte di guadagno attraverso quel naturale passaggio che vuole la persona inserita al meglio nel contesto in cui vive, lavorando, sostenendo i propri bisogni nella migliore autonomia possibile.