Oggi, la mancanza di rispetto verso un altro diverso da noi è qualcosa di pericolosamente dilagante. Oggi, i messaggi di egoismo, di chiusura verso le necessità comuni, sono metodici e continui. Oggi, il gruppo, la massa, rischia di alzare delle barricate verso sentimenti positivi.

Ci siamo chiesti che cosa accade se il modello proposto dal contesto sociale di riferimento è quello della mera competizione, della “legge della giungla”, dove vince solo il più forte, dove la società ha paura e cerca di individuare dei nemici da combattere per rimanere chiusa in se stessa, per non evolvere verso sentimenti diversi dalla paura che non è in grado di gestire?
Ci rendiamo conto che, a differenza degli animali – che mettono in atto un comportamento (se vogliamo dirlo in termini riduttivi) “stereotipato”, in cui la caccia o la difesa del territorio prevede comportamenti feroci che terminano non appena il risultato è raggiunto -, l’essere umano è invece in grado di portare avanti crudeltà e soprusi indicibili?

Siamo consapevoli che movimenti di massa orientati verso la negazione di diritti degli altri essere umani, sono tanto pericolosi quanto inaccettabili, sia perché la storia dovrebbe averci dato un’ampia conoscenza di quale sofferenza mondiale si possa generare, sia perché, in un sistema che si vuole civile, si ha l’obbligo di trovare delle soluzioni in grado di garantire il benessere di tutti?
Dare spazio alla meschinità, all’odio, alla cattiveria, al piacere di vedere un altro essere umano soffrire non rende questo mondo più ricco e più bello.

Se nell’infanzia e nell’adolescenza siamo portati a comprendere ed incanalare le spinte egoistiche di chi è in una fase di crescita e di scoperta di sé, l’adulto cattivo è quello che di solito viene inquadrato nelle classificazioni psicopatologiche: è il killer seriale, è il branco pericoloso che commette dei crimini, prevedendo la messa in atto di tutti quei comportamenti antisociali che andrebbero, come nel bambino, repressi per far posto ad altro.

Se accettiamo il bombardamento mediatico di informazioni false e orientate a far emergere solo le emozioni di paura e di rabbia, in un periodo storico in cui il crimine, così come l’insicurezza sociale, si è ridotto e dove dovremmo poter apprezzare un discreto benessere, non ci diamo la possibilità di saper discernere e comprendere quando realmente ci sono dei pericoli o delle difficoltà da affrontare.

Se è vero che proprio il benessere crea una condizione in cui, per paura di perdere i privilegi ottenuti, si ha effettivamente paura, ci si chiude nel proprio piccolo, non si accettano volentieri cambiamenti che possono disequilibrare, è anche vero che se siamo costretti ad innalzare tante barricate è perché siamo estremamente vulnerabili.

Dobbiamo di nuovo imparare che condividere significa raggiungere un benessere maggiore per tutti, che non dobbiamo offrire sempre e solo scelte dicotomiche che vanno a scapito di qualcosa (o questo o quello, per intenderci) ma che possiamo utilizzare le nostre capacità e la nostra intelligenza per salvare “capra e cavoli”.

Cristina Terribili
psicologa-psicoterapeuta