Non sappiamo quanto la notizia degli otto fratellini orfani afghani, tra i 18 mesi e gli 8 anni, morti di fame, abbia invaso le cronache di giornali, radio e televisioni. Forse poco e per poco tempo.

Soprattutto non sappiamo quanto quella notizia abbia fatto breccia nella nostra mente e nel cuore, e ci scusiamo per il nostro manifesto pessimismo se scriviamo che forse è scivolata via come acqua sulla pelle.

Vorremmo potervi chiedere di ripetere cento volte le parole “morire di fame” affinché queste, penetrando nella mente, venissero assimilate fino al punto da farci vedere il tragico film di come si muore realmente di fame.

Chi ha una certa età ricorda il nonno che raccontava della fame patita durante la guerra, e soprattutto durante la prigionia in terra straniera, dei commilitoni che non ce l’avevano fatta. Da lì in poi, temiamo che queste testimonianze dirette siano andate sfumando. Erano educative. Se anche noi vediamo le troppe povertà che ci circondano, siamo ben lontani dal dover raccontare la morte per fame. Un processo relativamente lungo; totale mancanza di assunzione di energia e sostanze nutritive essenziali, ricorso alle riserve immagazzinate nei tessuti e poi perdita di peso, la pelle che diventa sottile, secca, pallida e fredda, le ossa diventano sporgenti e poco dopo compaiono edemi, anemia, diarrea, apatia, rallentamento del polso, ipotensione e insufficienza cardiorespiratoria.

Oggi, nessuno ci lascerebbe morire di fame; le nostre reti di supporto tra sanità pubblica e solidarietà comunitaria sono ancora molto attente e attive.

Ma non basta. Il virus della fame nel mondo si moltiplica e uccide più della pandemia. Le cifre non dovrebbero darci pace come non dovrebbero darci pace quelle che indicano quanto cibo vergognosamente sprechiamo; 74 chili all’anno per persona! Un’enormità.

Noi, che non conosciamo la morte per fame, che fatichiamo a immaginare perché e come avviene, trattiamo il cibo alla stregua di un prodotto “usa e getta” e non come un bene essenziale per la vita di tutti. Ma lo usiamo male e lo buttiamo via anche e nonostante la povertà alimentare e l’inadeguatezza nutrizionale che nel nostro Paese la pandemia ha accresciuto in moltissime famiglie. E aumenteranno ancora.

In tutto questo, le nostre inconsapevolezza e inazione pesano.