(Fabrizio Dassano)

Il telefono squilla. Una volta, due, tre volte… Ormai ci sono solo più voci registrate dal tono drammatico: “Salve! Con la pandemia il nostro fatturato è cresciuto del 759% quindi potrebbe sottoscrivere…”. Qualche minuto dopo: “Sono l’amministratore del servizio Pinco Pallino, digita 1 se vuoi conoscere l’offerta…”. Gasp! Di nuovo il telefono: “Con l’aumento del 40% delle tariffe di luce, gas e acqua aderisci al nostro…”. Ho anche pensato che mi stiano osservando con dei satelliti: appena esco dall’ufficio, tac! Scatta il bombardamento. Poi magari telefona un amico per una cosa seria e gli rispondi asciutto, quasi lo manderesti a stendere perché sei già così scocciato…

Naturalmente la telefonata importante arriva nei momenti meno indicati, ad esempio mentre tu sei alla cassa del supermercato, mentre la cassiera ti chiede se vuoi i bollini per un simpatico set di asciugamani. Mentre rispondi di no, dall’altra parte del telefono credono che tu stia parlando con loro e ti chiedono: ”Perché non li prendi i bollini?”. Guardo la cassiera, che a sua volta ti guarda con quell’aria interrogativa che sembra che dica “toh! Guarda un po’ questo che non prende i bollini”.

Insomma, le telefonate che ricevo quando sono alla cassa diventano le più imbarazzanti. Giorni fa ho chiesto una busta della spesa (perché esistono essenzialmente due tipi di supermercato: quelli che ti prendi la busta sotto il nastro trasportatore e quelli a cui devi chiederla alla cassa), proprio mentre all’altro capo del telefono c’era mia madre che mi chiedeva cose a cui non riuscivo nemmeno a trovare una risposta (del tipo: “A che ora verrai da me domani? Lo sai che è morto tal dei tali? Ah, ricordati di riportarmi quel recipiente che ancora non mi hai restituito…”); farfugliavo qualcosa al cellulare schiacciato tra l’orecchio e la spalla, mentre con le due mani tentavo disperatamente di aprire la busta, senza poter usare il dito bagnato con la saliva perché, anche oggi che la mascherina non c’è quasi più, non posso fare ‘sta figura in pubblico.

Dicendo cose sconclusionate non solo a mia madre al telefono ma anche alla cassiera davanti a me, ho iniziato a sudare, perché dietro avevo la coda di gente che si stava spazientendo guardandomi male. Non parliamo poi di quando ho dovuto appoggiare il bancomat sul marchingegno elettronico senza vedere nulla perché mi si erano appannati gli occhiali. Ero quasi arrivato alla fine della mia piccola odissea, prendendo di petto la situazione: mia madre l’avrei richiamata più tardi, la malefica, disgraziata, infame busta di finto nylon che si stava decomponendo (in quanto fatta di mais e quindi biodegradabile) riuscivo miracolosamente ad aprirla con le mie mani sudate per un pacchetto di latte di soja, due pomodori costoluti, una bottiglia d’olio extravergine e dei filetti di merluzzo congelato.

Ero esausto. Mi sentivo le tempie scoppiare, come se avessi avuto la febbre. Mi misi i filetti di merluzzo sulla fronte, pagai e uscii fuori dove c’era un signore che voleva vendermi degli accendini o in alternativa, dei fazzoletti di carta. Gli domandai se aveva del ghiaccio secco. Niente da fare.

Infine mi sono infilato in macchina come se avessi raggiunto una trincea, un bunker corazzato… ero di nuovo salvo. Mentre mettevo in moto, le palpitazioni tornavano normali e mi infilavo lesto la cintura per evitare il suono della sirena d’allarme che mi avrebbe sciabolato i timpani.

Ed ecco di nuovo il telefono: “Pronto? – fa una voce femminile, con forte accento straniero – Lei è il signor Fabrizio? Salve, signor Fabrizio, mi presento… lei conosce il trading on line?”.