(Editoriale)

Ci pare che la giornata mondiale dei nonni e degli anziani, voluta dal Papa per il 25 luglio in prima edizione, non abbia ancora debitamente “bucato” l’attenzione popolare. Tra vaccinazioni, europei di calcio, corsa alle vacanze e fine del blocco dei licenziamenti è abbastanza ovvio che l’iniziativa stenti a trovare la giusta considerazione.

Quello dei nonni e degli anziani è un grande tema e anche un elemento di profonda preoccupazione in una società che sta velocemente invecchiando, e non ha ancora capito quanto sarà difficile armonizzare il quotidiano con le nascite a livello zero. Parlare degli anziani fa paradossalmente pensare ai giovani, quei pochi che ancora ci sono e quei tanti che mancheranno per far funzionare il sistema sociale ed economico dei nostri Paesi cosiddetti sviluppati.

Ancor più, dice Papa Francesco, se non si onorano gli anziani non ci sarà futuro per i giovani. La vocazione è qualcosa che ciascuno di noi si porta dietro per tutta la vita e “aggiusta” con il passare degli anni; il Papa attribuisce una vocazione alla terza età: “custodire le radici, trasmettere la fede ai giovani e prendersi cura dei piccoli”, perché il Vangelo non ha date di scadenza: “non esiste un’età per andare in pensione dal compito di annunciare il Vangelo e di trasmettere le tradizioni ai nipoti”.

Da qui l’alleanza tra giovani e anziani, per la quale la comunicazione deve farsi “ponte tra le generazioni attraverso la narrazione”, suggeriscono dall’ufficio nazionale delle comunicazioni sociali dei vescovi italiani.

Ai giovani si chiede, sperando che lo facciano, di prendere i sogni degli anziani e portarli avanti; intrecciare le loro storie tocca a noi che facciamo il mestiere di giornalisti, affinché un possibile dialogo intergenerazionale si riveli solutore di tante crisi nella nostra società e nel mondo.